In ballo non c’è una diversità di modello sociale o di “riforme”, ma il puro potere. Avere il proprio uomo a Washington, sulla poltrona più alta, è una garanzia.
Il giorno dopo la convention repubblicana di Tampa, col duo Romney-Ryan osannato come d’abitudine da una platea di wasp (white, anglo-saxon, protestant, con diverse frange di integralismo cristiano), appoggiati dal decadente simobolo della rudezza Usa – un Clint Eastwood in confusione totale –, ma che aveva ridotto a zero il differenziale nei sondaggi rispetto all’uscente Obama, ecco che parte la controffensiva. Dura, secca, con obiettivo l’argomentazione principale avanzata dal duo repubblicano: noi siamo imprenditori di successo, lasciate fare a noi, che sappiamo dove mettere le mani per far ripartire l’America.
Vi suona famiiliare? Lo è. Sono venti anni che lo sentiamo ripetere da Berlusconi & co. È la litania di un ceto dirigente che non ha poiù nulla di progettuale da offrire, né un sogno né un incubo; solo un’ideologia (“la sagacia imprenditoriale”) e qualche faccia scelta con cura dai maghi del marketing.
La controffensiva ha, guarda un po’ le coincidenze, un volto giudiziario. Facilitato dal fatto che ngli Usa i magistrati inquirenti sono una carica elettiva, propedeutica alla carriera politica vera e propria. Il magistrato di New York che ha aperto l’inchiesta è in effetti un democratico. E questo probabilmente toglie un bel po’ di spendibilità elettorale all’accusa.
L’accusa è una delle più gravi che si possano avanzare contro un cittadino Usa: evasione fiscale. Ci incastrono persino Al Capone, contro cui non riuscivano a imbastire un’inchiesta credibile per gli omicidi da lui commissionati. È diretta contro il “miracolo imprenditoriale” di Romney, la Bain Capital.
Mentre altre inchieste, questa volta solo giornalistiche, ma di media diffusi come Rolling Stone, vanno a ricordare che la stessa società non fu “salvata” dalla bravura manageriale di Romney, ma semplicemente dall’intervento pubblico. Ed è costata ai contribuenti americano 10 miliardi di dollari.
Naturalmente queste botte all’immagine del repubblicano non resteranno senza risposta. Alla fine, a colpi di propaganda, avremo un ritratto quasi realistico di entrambi i candidati.
La domanda sarà: ma perché li votano, allora?
Elusione fiscale, aperta indagine sulla Bain Capital fondata da Romney Federico RampiniLa società di private equity di cui Mitt Romney fu socio fondatore potrebbe essere incriminata per reati fiscali. La notizia-bomba potenzialmente può danneggiare in modo grave il candidato repubblicano alla Casa Bianca. L’ha rivelato ieri sera il sito del New York Times.
L’indagine giudiziaria parte dal procuratore capo di New York, Eric Schneiderman. Il suo oggetto: le più grandi società americane di private equity, inclusa la Bain Capital di cui Romney fu il capo e dalla quale riceve tuttora generosi pagamenti, sono sospettate di avere “abusato” della normativa fiscale per ridurre di molte centinaia di migliaia di dollari i propri pagamenti di imposte. E’ quello che in Italia si definirebbe un’elusione fiscale più che un’evasione, ma che qui ha rilevanza giudiziaria e può condurre a una condanna.
Il trucco utilizzato, secondo le prime ipotesi formulate dalla magistratura, consiste nel “mascherare” come partecipazione al capitale di rischio quelle che sono in effetti delle consulenze remunerate. In tal modo i compensi dei soci non vengono tassati con l’aliquota sul reddito (35%) bensì con quella molto inferiore sulle plusvalenze in conto capitale (15%).
Tra le società che hanno ricevuto avvisi di garanzia dal procuratore Schneiderman, oltre alla Bain Capital figurano tutti i grossi nomi di Wall Street: Kohlberg Kravis Roberts & Company, TPG Capital, Sun Capital Partners, Apollo Global Management, Silver Lake Partners.
Ovviamente la tempistica di questa indagine fa supporre ad alcuni osservatori di Wall Street (secondo lo stesso New York Times) che l’indagine potrebbe avere una finalità politica. Romney ha accumulato una ricchezza personale di circa 250 milioni, gran parte dei quali proprio come risultato della sua attività al vertice di Bain Capital: società dalla quale lui si è dimesso ma che continua a versargli dei pagamenti per il frutto dei suoi investimenti.
”Alcuni manager delle società” indagate ”temono che Schneiderman, democratico al primo mandato con legami con l’amministrazione Obama, stia cercando di imbarazzare l’industria a causa delle radici di Romney a Bain Capital”, afferma il New York Times, sottolineando che altri manager ritengono invece che la mossa rientri negli sforzi dello stato di recuperare fondi.
Il passato di Romney alla Bain Capital è già oggetto di polemiche in questa campagna elettorale. Finora le accuse dei democratici si riferivano soprattutto alla natura speculativa di molti investimenti: la Bain ufficialmente “risana” aziende, ma talvolta questo significa farle a pezzi, licenziare dipendenti, rivenderle con lauto profitto e magari delocalizzarne l’attività in Asia.
Sul fronte fiscale lo staff di Obama ha sottolineato come Romney abbia pagato il 13,9% sui sui elevatissimi redditi, meno di quanto paga un impiegato, grazie alla generosa normativa sui capital gain. Nulla però finora poteva spingere all’accusa di elusione fiscale, se non la reticenza di Romney che ha reso note le sue dichiarazioni dei redditi solo per gli ultimi due anni, rifiutandosi di risalire più indietro.
Di recente il sito Gawker ha fatto un’operazione in “stile WikiLeaks” rivelando centinaia di pagine di documentazione fiscale relativa a Romney e ai suoi conti offhsore alle Caimane, ma gli esperti tributari non erano riusciti a ravvisarvi degli elementi illeciti. Ora il procuratore ha emesso delle “subpoena”, che gli danno il potere di interrogare sotto giuramento tutti i potenziali imputati.
La campagna di Romney respinge le accuse e precisa che il candidato non ha mai beneficiato di tale pratica. ”Investire commissioni è una pratica comune, accettata e totalmente legale. In ogni caso – mette in evidenza R. Bradford Malt, legale di Romney che gestisce gli investimenti e i fondi della famiglia -, l’accordo siglato al momento della sua uscita non consente a Romney o al suo blind trust nulla del genere e posso confermare che ne’ Romney ne’ il trust ha mai usato tale pratica, ne’ prima ne’ dopo l’uscita da Bain Capital” da Repubblica
La società di consulenza Bain & company, guidata per due anni da Mitt Romney, fu salvata dallo Stato federale, tanto vituperato dal candidato repubblicano, con un piano di aiuti da almeno 10 milioni di dollari.
L’ex governatore del Massachusetts si è vantato in passato di “avere salvato Bain & company”, società madre del fondo di private equity da lui fondato Bain Capital, con “un colpo miracoloso che ha fatto risparmiare 30 milioni di dollari ai correntisti delle banche del Paese”.
Documenti ottenuti dal magazine Rolling Stone smentiscono però la tesi del candidato repubblicano. “Il tentativo di risanamento di Bain & Company è stato in realtà un disastro”, afferma il giornalista Tim Dikinson, “che ha lasciato l’azienda talmente in crisi da non avere più alcun valore”.
A salvare la società di consulenza fu invece la Federal Deposit Insurance Corporation, il sistema di assicurazioni alle banche sostenuto dai contribuenti, intervenuto con un salvataggio da almeno 10 milioni di dollari.
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