Dopo una settimana di manifestazioni intense e repressione altrettanto forte ieri a Madrid è stata una domenica di pausa per quanto riguarda le mobilitazioni di strada. E il coordinamento della campagna ‘Rodea el Congreso’ (“Circonda il Parlamento”) ne ha approfittato per riunirsi nel parco del Retiro per realizzare un primo bilancio delle iniziative di martedì, mercoledì e sabato. E per decidere di rilanciare l’assedio del Congresso con una nuova manifestazione convocata nel giorno in cui – prevedibilmente tra il 23 e il 25 ottobre – i deputati saranno riuniti per approvare la Finanziaria lacrime e sangue targata troika. Con le parole d’ordine alla base della prima manifestazione del 25S (la S sta per settembre) che poi è diventata 26S e 29S: dimissioni del parlamento, dimissioni del governo, ritiro dei tagli e nuove elezioni – con un sistema proporzionale – per scegliere un’assemblea costituente che rediga una nuova costituzione.
Nel parque del Retiro i coordinatori del movimento, arrivati a Madrid da varie parti della Spagna, hanno ancora una volta sottolineato il carattere pacifico ma determinato della mobilitazione. Denunciando al tempo stesso la brutalità delle forze dell’ordine e un lungo elenco di violenze gratuite e veri e propri casi di tortura nei confronti dei manifestanti inermi.
Proprio ieri la polizia ha rilasciato i due giovani arrestati durante le cariche di sabato notte. Entrambi denunciati per ‘disordine pubblico’ e quindi in attesa di processo. Intanto uno dei manifestanti feriti dagli agenti sabato notte, ricoverato in ospedale con una grave lesione ad un occhio, ha annunciato che denuncerà la Polizia. Ma che la denuncia ottenga un risultato è assai dubbio, visto che nonostante la legge imponga agli agenti in servizio di ordine pubblico di rendersi identificabili in questi giorni i numeri di matricola cuciti sulle divise dei celerini sono spariti. “Alcuni membri della UIP (i reparti antisommossa, ndr) nascondono il loro numero identificativo sotto il giubbotto antitrauma, per evitare che qualcuno ne possa fare un uso indebito magari dopo averli fotografati” ha riconosciuto durante un’intervista il prefetto di Madrid, Cristina Cifuentes. E’ stato proprio per cercare di documentare le violenze gratuite della Polizia all’interno della stazione ferroviaria di Atocha che martedì notte numerosi fotografi sono stati minacciati e manganellati e le loro attrezzature danneggiate dai solerti agenti.
Le scarne cronache dei media italiani non ne hanno fatto menzione, preferendo mostrare le foto di una manifestante a seno nudo. Ma anche sabato notte nel centro di Madrid si sono viste violentissime cariche contro i manifestanti colpevoli di non voler abbandonare la piazza e di proseguire una manifestazione dichiarata ‘illegale’ dalle autorità cittadine. Dopo che Plaza de Neptuno era stata sgomberata a forza di manganellate e calci, un centinaio di agenti in tenuta antisommossa hanno cominciato un vero e proprio rastrellamento nelle vie adiacenti, entrando nei bar dove si erano rifugiati alcuni manifestanti e chiudendoli a forza, non prima di aver scaraventato fuori gli avventori.
A fare le spese di una vera e propria vendetta è stato sabato anche Alberto Casillas, il cameriere del Bar Prado, a poca distanza dalla piazza epicentro delle manifestazioni, che da martedì era diventato un’icona del movimento e un vero e proprio eroe mediatico dopo che era riuscito ad evitare le botte ad alcuni manifestanti che si erano rifugiati nel locale per sfuggire alla caccia all’uomo. La foto di Casillas che si frapponeva a un enorme “robocop” col manganello in mano impedendogli di entrare nel bar ha fatto il giro del mondo, facendo fare una figura barbina alla Policia Nacional. Che sabato si è vendicata ed è tornata a trovare il signor Casillas, che non ha retto alla tensione ed è svenuto.
E come a Genova nel 2001, per giustificare la repressione violenta, alcuni agenti fabbricano le prove per incriminare i fermati. Ad esempio nel caso di Ainhoa Cortes e Gabriel Jiménez, due ragazzi arrestati la notte del 25S (lei madre di due bambini e lui ingegnere), che al quotidiano El Diario raccontano in una lunga e dettagliata intervista le lunghissime ore trascorse nelle minuscole celle di un commissariato di Madrid con la testa aperta in due e lividi e microfratture su tutto il corpo. E quelle pietre uscite non si sa come dal loro zaino che gli costeranno una denuncia e un processo.
Una sorte di poco migliore è toccata agli altri arrestati del 25 settembre, che ad alcuni quotidiani hanno raccontato di essere stati maltrattati e vessati dagli agenti, rinchiusi per quasi 48 ore in una minuscola cella e manganellati e presi a calci ad arresto già avvenuto. O di manifestanti con ferite sanguinanti lasciati in cella senza nessun tipo di assistenza medica. “Siamo stati ammanettati per otto ore e non ci hanno permesso neanche di andare in bagno” denuncia Roberto Muñoz, liberato giovedì dolo dopo esser stato denunciato – come tutti gli altri, in maniera indiscriminata – per disordine pubblico, attentato all’autorità e crimini contro le istituzioni dello Stato.
Uno Stato sempre più nel panico che aumenta il tasso di violenza contro chi osa alzare la testa.
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giovanni
chiara lucchi hai ragione e come genova per giustificare la repressione dei governi liberali e della bce RIVOLUZIONE!!!