* Il Sole 24 ore 4 ottobre 2012
Cassonetti dati alle fiamme. La gente in strada a urlare slogan contro il presidente Mahmoud Ahmadinejad, sfidando la temibile polizia antisommossa. Gas lacrimogeni, arresti. Prove di una “Primavera persiana”? È ancora presto per dirlo, ma le manifestazioni scoppiate ieri a Teheran per protestare contro la svalutazione del rial, la valuta locale crollata del 40% nell’ultima settimana, sono un segno tangibile del malcontento popolare che sta montando in Iran.
Le sanzioni internazionali per persuadere
Riferendosi al conflitto che dal 1980 al 1988 vide contrapposti l’Iran di Ruhollah Khomeini e l’Iraq di Saddam Hussein (un milione di morti), Adegh Zibakalami, professore dell’Università di Teheran e noto analista ha detto: «Anche durante la guerra la situazione era migliore». Esasperati, gli iraniani sono scesi in strada in luoghi simbolici. Davanti alla Banca centrale, rea, a loro avviso, di aver gestito male la crisi. E anche nel Grande Bazar di Teheran, un enorme mercato coperto, ieri chiuso per questioni di sicurezza. In altre parti della capitale hanno inneggiato slogan contro Ahmadinejad definendolo un «traditore», reo di aver alimentato la crisi.
Ricorrendo ai suoi toni retorici, il presidente iraniano ha parlato di «guerra economica», «clandestina, vasta e pesante» contro l’Iran. Ha istituito un organismo che opera sul mercato del cambio, incaricato di difendere il rial. La polizia ha annunciato la creazione a Teheran di una speciale struttura per contrastare i rivenditori illegali di valuta, definiti dal portavoce della polizia «coloro che hanno un ruolo nella crisi del mercato dei cambi». Ieri ne sono stati arrestati parecchi. Misure che non hanno sortito l’effetto desiderato: il rial continua a perdere valore. Anzi corre voce che l’ultima svalutazione sia stata provocata dalla decisione del Governo di far pagare in dollari una tassa speciale agli importatori di alcuni prodotti di base. Una misura che avrebbe dovuto frenare la caduta, e invece ha avuto l’effetto contrario.
La caccia ai venditori di biglietti verdi non spaventa gli iraniani, decisi ad acquistare dollari sul mercato nero appena ne hanno la possibilità. Una valuta forte usata per arginare l’aumento del costo della vita, divenuto insostenibile per la maggior parte della popolazione. La svalutazione sta facendo volare i prezzi dei generi alimentari e non. Per cercare di ridurre una zavorra ingestibile per i conti pubblici, il regime iraniano sta continuando a ridurre i sussidi pubblici eliminando i prezzi calmierati su beni essenziali come riso ed elettricità. Ma, sul fronte dell’inflazione, è come gettare benzina sul fuoco: il carburante, per esempio, è rincarato di otto volte in quattro anni. Il prezzo della carne di pollo, uno degli alimenti più consumati in Iran, ha ormai superato il 160 per cento. Spaventati dalla svalutazione del rial e dal rischio di insolvenze, alcuni paesi vicini hanno ridotto le esportazioni verso l’Iran.
L’Occidente, Stati Uniti in testa, sono soddisfatti dell’effetto sanzioni. Probabilmente non si aspettavano in tempi così brevi manifestazioni antiregime. E ora studiano, insieme all’Europa, nuove misure. Da Roma il sottosegretario americano al Tesoro con delega all’Intelligence finanziaria, David Cohen, ha lanciato un avvertimento a Teheran: «
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