Ancora elezioni sotto le Piramidi? Sì, perché occorre riformare un Parlamento azzerato a giugno dall’ultimo colpo di coda del Feldmaresciallo Tantawi. In realtà il Consiglio delle Forze Armate ha applicato una sentenza della Corte Suprema che contestava un meccanismo non brillante proposto dalla Commissione elettorale col quale erano stati eletti deputati indipendenti. “Indipendenti” per modo di dire, visto che molti di loro non erano altro che politici legati ai partiti. Tutti i partiti, ma più di tutti Libertà e Giustizia e Al-Nour. L’accoppiata islamica, grazie all’aggiunta di questi eletti, ha ampliato ulteriormente il già cospicuo peso nell’Assemblea del Popolo frutto dell’ampio successo delle proprie liste. Appena insediato alla presidenza Mursi ha forzato la mano riconvocando il Parlamento in segno di protesta, ma è stata una boutade senza secondi passi. Ora anche i partiti islamici sono propensi ad accettare nuove consultazioni e per mostrare una vocazione democratica a tutto tondo, rintuzzare le lagnanze degli sconfitti che l’accusano d’essersi accaparrata maggioranza dell’aula, presidenza, premierato e di voler scrivere di suo pugno una Costituzione che invece dev’essere di tutti, la Fratellanza Islamica deve fare di necessità virtù. Riaprire le consultazioni può costituire un rischio per chi ora dirige il Paese, anche una conferma con percentuali di gradimento inferiori verrebbe letta come un ridimensionamento.
Ma le complicazioni pressochè quotidiane del quadro mediorientale suggeriscono all’attuale leadership di accelerare i tempi della normalizzazione istituzionale. La nazione non può privarsi dell’organo legislativo e il senso dello Stato, sincero o strumentale, già mostrato da Mursi lo porterà in tempo ragionevole a dar voce alle urne. In questa prospettiva si pongono i neonati gruppi di chi s’era messo a riposo come El-Baradei, creatore del Partito Costituzionale che lancia un’alleanza con la Corrente Popolare del nasseriano Sabbahi. L’accordo raccoglie l’adesione di nomi noti: Mohamed Ghoneim, Adbul Nasser, Adbul Ghaffar Shokk più i sindacalisti Abou Ayta, Mustafà Al-Jundi, Shahinda Mukallid, e potrebbe diventare uno degli aggregati più forti del fronte laico progressista. Suo obiettivo primario: inseguire una reale sovranità popolare. Quest’alleanza può sminuire la grande azione di 10 gruppi della sinistra che, accantonando vecchi rancori, hanno di recente formato la Coalizione Democratica Rivoluzionaria esplicitamente contraria a qualsivoglia economia neoliberista. Affabile col liberismo è invece la Coalizione di uno dei grandi trombati delle presidenziali: Amr Moussa, creatore della Nazione Egiziana che avvicina temi securitari e di diritti civili (libertà d’espressione e garanzie costituzionali veramente democratiche). I mubarakiani sono sempre attorno a Shafiq baluardo d’un Egitto che con la Coalizione del Blocco Nazionale s’oppone alla deriva islamica. In perfetto contrasto con se stesso e la sua storia Shafiq progetta una nazioni di giovani per i giovani, indipendente da influenze straniere. Proprio così.
Poco accreditata ma presente la Coalizione della Rappresentativa del Popolo animata dal navigato onorevole Haydar Baghdadi, un esponente della vecchia politica che non vuole sottostare ai diktat di Shafiq e dunque gli si oppone contornandosi di giornalisti e professionisti. Operando nei propri campi anch’essi divulgano il messaggio di un’opposizione allo “Stato islamico che vuole manipolare a suo favore la Costituzione”. Per ultima ma non è certo ultima la Coalizione del Forte Egitto proposta dall’ex Fratello Musulmano Abol Fotouh, anch’egli uno sconfitto dalla corsa presidenziale ma intenzionato a restare sulla scena politica in base a carisma e trasversalità politica. Fotoul negli ultimi due mesi è stato fra i primi a provare a far dialogare un fronte amplissimo che raccoglie islamici, democratici e movimento 6 Aprile. Quest’area è ancora fluida, non ha annunciato né programma né cartello elettorale ma è al lavoro. Lavora anche la Coalizione delle Forze Islamiche che sente il potenziale rischio di svegliarsi da un sogno di comando di breve durata. E attrezza sia i fedeli interpreti del verbo politico come gli uomini prestati alle Istituzioni, sia le teste pensanti e le tasche paganti dell’organizzazione come Khayrat Al-Shater. Lui dichiara che l’accordo islamico può impedire il dominio liberale nel nuovo Parlamento e il conseguente conflitto col presidente Mursi. Ovviamente l’asse portante saranno i due maggiori gruppi (PFJ e Al-Nour) uniti dai valori musulmani e dagli interessi nazionali mentre, essi dicono, “l’amalgama degli oppositori è basato sul solo il desiderio di essere contro di noi”. Un amalgama che però non cementa le cinque coalizioni che continuano a correre anche contro se stesse.
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