Dopo mesi di schermaglie alla fine il governo britannico guidato dal sempre più impopolare David Cameron si è visto obbligato ad accettare una sorta di road map con le istituzioni autonome scozzesi guidate dai nazionalisti di centrosinistra dello Scottish National Party – che potrebbe portare alla separazione. Martedì i due governi hanno convenuto sulla celebrazione di un referendum che nel 2014 permetterà ai cittadini scozzesi di dire si o no all’indipendenza e quindi al distacco da Londra. Sulla scheda elettorale che verrà consegnata agli scozzesi che hanno più di 16 anni comparirà una domanda secca e inequivocabile: “indipendenza si” o “indipendenza no”. Manca ancora molto al voto – anche se la campagna pro o contro il distacco è già iniziata da tempo – ma tutti i sondaggi danno finora in vantaggio i fautori dell’indipendenza anche se con uno scarto minimo. Secondo indiscrezioni rese note dai media il premier scozzese aveva chiesto l’introduzione di un secondo quesito, sulla cessione di una maggiore quota di autogoverno alla Scozia, che avrebbe concesso agli indipendentisti una ciambella di salvataggio in caso di naufragio del ‘si’ alla separazione.
Non è un caso che le forze politiche nazionaliste scozzesi – l’Snp ma anche altri partiti schierati più a sinistra, su posizioni laburiste o apertamente socialiste – abbiamo scelto l’autunno del 2014 per la celebrazione dello storico referendum. La consultazione cadrà infatti a 400 anni da una precedente dichiarazione d’indipendenza e a 700 dalla storica battaglia di Bannockburn, durante la quale il nobile scozzese Robert the Bruce sconfisse gli inglesi conquistando la corona e diventando Re Roberto I di Scozia. I due anniversari concederanno ai sostenitori del distacco qualche argomento in più, così come l’abbassamento a 16 anni dell’età minima per votare, visto che tra i giovani e i giovanissimi il sentimento indipendentista è più diffuso che nelle fasce d’età più alte.
“Vogliamo una Scozia più verde, equa e prospera. E per raggiungere questi scopi, dobbiamo essere indipendenti” ha affermato Salmond durante una partecipata iniziativa, circondato da numerosi vip da sempre fedeli alla causa indipendentista: da Sean Connery alla poetessa Liz Lochead, dal musicista Pat Kane all’attore Alan Cumming. Probabilmente lunedì prossimo Cameron andrà a Edimburgo per siglare il patto con Salmond. Poi il parlamento di Westminster dovrà emanare una legge per permettere a quello scozzese d’indire il tanto agognato referendum.
Alla proclamazione del referendum si arriverà, fanno notare in molti, senza grandi scossoni, con un atteggiamento assai poco intransigente da parte di Londra. La reazione da parte dell’establishment ad una eventuale vittoria dei ‘si’ è tutta da vedere, ma gli analisti fanno notare come il contenzioso si stia svolgendo all’interno di binari diplomatici e in modi tutto sommato poco bellicosi. Ad una richiesta analoga da parte dei partiti catalani e baschi il governo spagnolo ha risposto minacciando l’attuazione degli articoli della Costituzione che prevedono l’intervento delle forze armate contro chiunque tenti di violare ‘l’unità della patria’. Ed è proprio a Madrid, più che a Londra, che le conseguenze di una vittoria dei ‘si’ a Glasgow ed Edimburgo preoccupa di più, per gli effetti che la decisione potrebbe avere sulle dinamiche interne ad uno stato nei confronti del quale baschi e catalani si dimostrano sempre più insofferenti. Ma la fine della Gran Bretagna – nata nel 1707 dalla fusione dei regni di Scozia e Inghilterra – potrebbe avere ripercussioni anche sulle richieste di riunificazione delle province dell’Irlanda del Nord con il resto del paese. “Libero” dal 1922 solo dopo una cruenta guerra di liberazione contro le truppe di Londra.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa