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Spagna: scuola in rivolta contro la ‘riforma’ franchista

Dopo i due conti correnti scovati in Svizzera nei giorni scorsi – uno da ben 22 milioni di euro – ieri la stampa iberica ha informato del ‘ritrovamento’ di un terzo conto intestato all’ex tesoriere del Partito Popolare Bàrcenas. Rinfocolando polemiche e accuse nei confronti dell’intera classe dirigente della destra spagnola, letteralmente assediata da migliaia di manifestanti che da una settimana passano le proprie serate a lanciare slogan a pochi metri dagli ingressi delle sedi del PP. E da una petizione che chiede le dimissioni del governo e nuove elezioni politiche che in pochi giorni ha già raccolto più di un milione di adesioni.

Ma da ieri una nuova ondata di proteste di è andata a sommare e a intersecare alla mobilitazione anticorruzione – e antiausterità – dei giorni scorsi. Si tratta della tre giorni di rivolta proclamati dall’intero mondo della scuola – dalle scuole superiori alle università – contro il progetto di ‘riforma’ dell’istruzione del Partido Popular che di riforma non ha proprio nulla, e che anzi riporterebbe l’istruzione pubblica spagnola ai tempi del regime franchista.
Sul piede di guerra non solo gli studenti, ma anche i genitori, i docenti e varie associazioni che da ieri hanno di fatto paralizzato la didattica in tutto lo stato e svuotato le scuole, riempiendo invece con decine di migliaia di manifestanti le vie e le piazze delle città.

La protesta è stata organizzata formalmente dai ‘sindacati’ studenteschi ed è sostenuta anche dalla Confederazione dei Genitori della scuola pubblica (APEC), e dai sindacati CCOO, FETE-UGT, STES-i, CGT.

Tutti chiedono l’immediato ritiro del progetto governativo noto come “Legge di miglioramento della qualità educativa” (Lomce), presentato dal contestatissimo ministro dell’istruzione, Josè Ignacio Wert. Così come era avvenuto già ad ottobre quando per una settimana la stragrande maggioranza degli istituti scolastici vennero paralizzati.

Nel mirino della protesta il carattere discriminatorio e iperselettivo della ‘riforma’, accusata di riportare la scuola al periodo della dittatura fascista, favorendo i privati – in particolare la scuola cattolica – e affossando invece gli istituti pubblici. Uno dei nodi principali – e che ha scatenato un surplus di protesta in Catalogna – è la preventivata riduzione delle ore di lezione in catalano e un aumento di quelle in castigliano prevedendo l’obbligo, anche per le scuole private, di finanziare a spese proprie i corsi in questa lingua. Ma ovunque la protesta si concentra contro il taglio dei finanziamenti all’istruzione pubblica, la riduzione del corpo insegnanti e i licenziamenti, l’accorpamento delle classi, la riscrittura oscurantista dei programmi didattici. La mobilitazione dovrebbe coinvolgere soprattutto le scuole superiori, ma anche negli atenei c’è rabbia. Le tasse universitarie sono aumentate in maniera vertiginosa – e alcune università sono addirittura a rischio chiusura, come la Complutense di Madrid – e le borse di studio sono state falcidiate dai tagli. Sul materiale scolastico il governo ha imposto un aumento dell’IVA dal 4 al 21% e anche gli studenti meno abbienti devono pagarselo, insieme alle mense e agli altri servizi. E, come in Italia, accelera sempre più la fuga dagli atenei dei giovani provenienti dagli strati sociali più bassi.

Previste durante la tre giorni centinaia di manifestazioni, la più importante e partecipata delle quali sarà sicuramente quella convocata a Madrid giovedì pomeriggio e che passerà anche davanti alla sede del ministero dell’Istruzione. Intanto nella capitale già oggi studenti, genitori e lavoratori sfileranno in corteo da Atocha a Puerta del Sol già questa mattina a partire da mezzogiorno.
E se il governo, già in bilico per i casi di corruzione, non aprirà un confronto con il Coordinamento Statale per la difesa della scuola pubblica (che riunisce sindacati, genitori e studenti), i portavoce della mobilitazione hanno già annunciato che la lotta diventerà ancora più radicale. Rajoy è avvertito.

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