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Tunisia: i comunisti accusano il potere islamista

A parlare a nome della coalizione di sinistra denominata Fronte Popolare, ieri, è stato Hamma Hammami. Segretario del Partito Comunista Operaio e portavoce della coalizione delle forze di sinistra di cui Belaid era il numero due, conosceva la vittima da molti anni, dai tempi della resistenza contro il regime di Ben Alì.

La parole escono secche, senza esitazione. Il leader comunista – che abbiamo conosciuto a Roma nel marzo 2011, quando partecipò ad una assemblea della Rete dei Comunisti a poche settimana dalla caduta del regime di Tunisi – non si limita a puntare il dito contro il governo e contro gli islamisti di Ennahda. La sua é una spietata requisitoria, mentre in una sala vicina ribollente di rabbia, le opposizioni tracciano il percorso immediato della protesta: ritiro a tempo indeterminato delle loro delegazioni dall’Assemblea costituente, sciopero generale in occasione delle esequie, funerale di Stato. Un assassinio, scandisce Hamma Hammami, che non dà affatto credito all’ipotesi – caldeggiata da alcuni esponenti della maggioranza – del gesto di un cane sciolto, ma ”é stato pianificato ed eseguito da professionisti”. Le minacce contro Belaid ed altri esponenti dell’opposizione, ricorda Hammami, sono ormai da tempo quotidiane, ma nessuno di quelli che doveva fare qualche cosa s’è mosso. Noi come opposizione, dice ancora, da oggi saremo con più forza contro il governo, contro Ennahda e ”contro tutti coloro che vogliono il male di questo Paese”.

Hamma Hammami per la morte del compagno di tante ed appassionate battaglie accusa esplicitamente Ennahda e la sua strategia di annientamento degli avversari politici. E lo fa con enfasi, dicendo che Belaid ormai non appartiene più ad un partito o ad una fazione, perché é ”il martire di un intero Paese”. Hammami non era solo un compagno di partito di Belaid, era soprattutto un amico suo e della famiglia e la sua voce, raccontano i cronisti, tradisce l’emozione. Soprattutto quando parla degli ultimi istanti di vita del dirigente politico ucciso, abbattuto davanti casa, appena pochi secondi dopo avere salutato la moglie e i due figli che, al crepitare delle pistole, si sono affacciati assistendo quasi in diretta all’esecuzione.

”Non é più il tempo di assistere in silenzio. Perché ieri c’e’ stato Lotfi Naguedh, oggi Chokri Belaid, e domani…già domani chissà a chi toccherà”. Lotfi Naguedh era un esponente di Nidaa Tounes ed é stato massacrato a bastonate, calci e pugni, a Tataouine, nell’assalto ad una sede sindacale da parte delle squadracce della “Lega per la protezione della Rivoluzione”. Per quella morte sono in carcere alcuni appartenenti alla Lega di cui la shura – massimo organismo di Ennahda – ha incredibilmente chiesto la liberazione. Di fronte alla denuncia delle minacce, torna a sottolineare Hammami, il governo non ha preso alcun provvedimento e in questo modo ha perso ogni legittimità, come quando ha mostrato di non sapersi opporre alla violenza politica che attecchisce nelle moschee e delle università.

Oggi i media internazionali abbondano di ricostruzioni della figura di Chokri Belaid, assassinato ieri mattina sulla porta di casa. Ricordando che il dirigente comunista ha trascorso la sua vita dividendosi tra lo studio del diritto (dapprima in Iraq e poi a Parigi) e quindi nell’avvocatura, poi nella vita politica, spendendosi in entrambe con lo stesso entusiasmo. Sposato, padre di due figli, aveva 49 anni ed era un ”sahelien”, come vengono chiamati con rispetto in Tunisia gli originari della regione del Sahel che al Paese ha dato gran parte della classe politica, così come degli esponenti della vita pubblica e professionale. Lo studio e la passione politica sono andati per lui quasi di pari passo, dal momento che, già negli anni ’80, Belaid aveva cominciato a fare attività nelle strutture studentesche, soprattutto all’interno dell’Uget, organizzazione degli universitari laici. Una attività politica che gli costò il carcere già nel 1987, quando il paese era governato da Habib Bourghiba, il fondatore della Tunisia laica e moderna ma poco tollerante con gli oppositori di sinistra. Una delle ultime fotografie lo ritrae, nel corso di una manifestazione di avvocati, in toga, ma con una variopinta coppola calcata in testa, ad arringare i suoi colleghi. Un bel ricordo di Belaid lo traccia questa mattina su “Il Manifesto” Annamaria Rivera, che ricostruisce il clima di terrore scatenato nel piccolo paese nordafricano dalle milizie islamiste.

“Chokri Belaid, avvocato, era una figura carismatica dell’opposizione di sinistra. Chi scrive ha avuto l’onore di conoscerlo in occasione dell’assemblea del 24 aprile 2011, nel Palazzo dei Congressi di Tunisi, quella che sancì l’unificazione tra le due formazioni, che si definiscono marxiste-leniniste e panarabiste, nate dalle lotte degli anni ’70: l’Mpd (Movimento dei patrioti democratici) e il Ptpdt (Partito del lavoro, patriottico e democratico). Belaid aveva denunciato più volte l’escalation della violenza politica, che rischia, diceva, di mettere in grave pericolo la transizione democratica. A più riprese aveva dichiarato d’essere stato minacciato di morte e quasi profeticamente aveva previsto: è giunto il tempo delle «liquidazioni» politiche. Da politico acuto e lungimirante aveva colto bene il senso delle minacce ricevute e di altri eventi allarmanti. Per parlare solo dei giorni scorsi, in appena 48 ore c’erano stati almeno sei atti di violenza politica ad opera, si dice, delle famigerate «Leghe di protezione della rivoluzione» – milizie armate al servizio di Ennahda, il partito islamista che domina il governo di transizione- spalleggiate da gruppi di salafiti jihadisti. Il 1° e il 2 febbraio avevano attaccato giusto il congresso del Ppdu nel governatorato del Kef, fatto irruzione in un meeting del Partito repubblicano a Kairouan, sequestrato, a Gabes, Ahmed Nejib Chebbi, leader di questo stesso partito, aggredito un anziano militante democratico, cercato di assalire la sede centrale, a Tunisi, di Nidaa Tounes, il partito neo-bourguibista che è per Ennahda il concorrente elettorale più temibile, e saccheggiato la sua sede di Kebili. Quest’ultimo partito ha avuto il suo primo «martire» post-rivoluzione il 18 ottobre scorso: Lotfi Naqdh, dirigente locale di Tataouine, linciato a colpi di spranga e di martello, ancora una volta dalle milizie armate di Ennahda. A tutto ciò si aggiungono le aggressioni quasi quotidiane ai danni di giornalisti, fino alla più recente: due giorni fa Nabil Hajri, dell’emittente Zitouna Tv, è stato ferito gravemente a colpi d’arma bianca”.

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