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Israele: in carcere altri “Prigionieri X”?

Nelle carceri israeliane potrebbero esserci altri «Prigionieri X», detenuti in segreto, nascosti al paese e al resto del mondo, come Ben Zygier, l’ebreo australiano, agente del Mossad, che si sarebbe «suicidato» in cella a fine 2010 (la tomba, nella foto reuters). Lo ha detto ieri una voce molto autorevole, quella di Rafi Eitan, un ex capo dell’intelligence israeliana che negli anni Ottanta gestì la spia americana Jonathan Pollard, che fece arrivare a Tel Aviv documenti di eccezionale importanza legati alla sicurezza degli Stati Uniti. «Siamo in guerra», ha avvertito Eitan lasciando capire che lo Stato di Israele è «costretto» a percorrere strade poco legali pur di garantire la sua sicurezza.

Passa al contrattacco anche il ministero della giustizia. A chi critica l’establishment politico e militare per l’uso delle detenzioni segrete, contro le leggi internazionali, il ministero ha risposto che Zygier, al quale sarebbe stato garantito pieno diritto alla difesa, aveva accettato di buon grado di tenere nell’ombra la sua vicenda.

La fine del «Prigioniero X» continua a far clamore in Israele e in Australia mentre emergono altri particolari sul ruolo avuto in passato della «maschera di ferro». Il Mossad, secondo quanto scrive la stampa, impiegò Zygier più volte in Iran dove l’agente entrava grazie al suo passaporto australiano e in qualità di rappresentante di una società europea. Poi nel 2009, durante un viaggio nel paese d’origine, fu fermato e interrogato dai servizi australiani: in quell’occasione avrebbe rivelato segreti sulle attività clandestine di Israele. Da qui l’arresto una volta rientrato a Tel Aviv.

Da altre fonti invece Zygier avrebbe preso parte tre anni fa in un hotel di Dubai all’assassinio di un leader militare di Hamas, Mahmud al Mabhuh. Fermato dalla polizia degli Emirati avrebbe vuotato il sacco, facendo i nomi di altri agenti del Mossad che operano con passaporti di paesi occidentali. In quel modo si sarebbe garantito l’immunità e il servizio segreto israeliano fu costretto a rapirlo per riportarlo nello Stato ebraico. Naturalmente nessun rappresentante ufficiale israeliano confermerà mai le ipotesi fin qui emerse ma l’affare al Mabhuh appare il più concreto per ciò che riguarda i motivi della detenzione di Zygier. Poco dopo l’assassinio del leader di Hamas, la polizia di Dubai fu in grado di ricostruire, con nomi e cognomi, la rete di agenti del Mossad che avevano preso parte all’operazione. In quell’occasione diversi paesi occidentali, protestarono con forza per l’utilizzo da parte del servizio segreto israeliano di passaporti stranieri.

Davvero misteriosa la morte in prigione di Ben Zygier che, il giorno prima di togliersi la vita, ha riferito il suo avvocato, era tranquillo e non sembrava sul punto di «suicidarsi». Inoltre le celle del carcere di Ayalon in cui era recluso sono controllate in permanenza da telecamere a circuito chiuso.

da Nena News

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