* Betlemme, 4 marzo 2013, Nena News
Da tempo osservatori internazionali, giornalisti e esperti legali si interrogano sulla natura di apartheid nel regime israeliano sia nei Territori Occupati che all’interno della Palestina storica nei confronti delle comunità palestinesi. Oggi Israele offre un’ulteriore prova delle politiche di separazione: la compagnia di trasporti pubblici israeliana Afikim ha annunciato la creazione di linee riservate ai palestinesi, per venire incontro alle proteste e alle lamentele dei coloni.
Gli autobus della compagnia, che opera in Cisgiordania e collega i Territori a Israele, vengono utilizzati anche dai lavoratori palestinesi diretti al di là del Muro e con in mano un permesso di lavoro dal checkpoint di Eyal, nella città di Qalqiliya, un mix che a quanto pare non piace ai coloni. Da cui l’idea di separare i fruitori in base all’etnia: bus per palestinesi e bus per coloni israeliani.
Immediato il commento del governo di Tel Aviv: ieri il Ministero dei Trasporti israeliano ha difeso il progetto: “Le nuove linee – si legge in un comunicato ufficiale – non sono linee separate per palestinesi, ma piuttosto due diverse linee per migliorare i servizi offerti ai lavoratori arabi che entrano in Israele dal checkpoint di Eyal. Il Ministero non è autorizzato a impedire a nessun passeggero di salire a bordo di un mezzo di trasporto pubblico: la creazione delle nuove linee è stata fatta con il completo accordo dei palestinesi”.
Ovvero, non si tratterebbe affatto di segregazione: gli autobus sono spesso troppo affollati, provocando tensioni tra i passeggeri. E i coloni hanno protestato: i lavoratori palestinesi rappresentano un rischio per la sicurezza. Le autorità israeliane – subito accusate di apartheid – hanno tentato di mistificare la decisione affermando che le nuove linee sono utilizzabili sia da palestinesi che da israeliani, seppure siano state pubblicizzate solo nei villaggi palestinesi e solo in lingua araba.
“Il tentativo di segregazione è palese e le giustificazioni fornite (‘rischio per la sicurezza’ e ‘eccessivo affollamento’) non possono permettere il camuffamento di una politica razzista”, ha commentato il direttore esecutivo dell’associazione israeliana per i diritti umani B’Tselem, Jessica Montell.
Legalmente, non c’è però modo di impedire ai lavoratori palestinesi di salire sugli autobus dei coloni: “Non siamo autorizzati a rifiutare il servizio e non ordineremo a nessuno di scendere dall’autobus – ha commentato un autista della compagnia Afikim – Ma a partire dalla prossima settimana, ci saranno controlli ai checkpoint e ai palestinesi sarà chiesto di salire sui loro autobus. Sicuramente, tutti grideranno all’apartheid e al razzismo. Non è così, forse il Ministero avrebbe dovuto trovare un’altra soluzione, ma ad oggi la situazione è impossibile da gestire”.
Una politica certo non nuova nei Territori: più volte i passeggeri palestinesi sono stati costretti a scendere dagli autobus su ordine della polizia israeliana, un ulteriore restrizione al movimento della popolazione palestinese che si va ad aggiungere alle bypass road (strade riservate ai soli coloni israeliani e inaccessibili ai palestinesi), ai checkpoint all’interno della Cisgiordania e lungo la Linea Verde e ai gate agricoli controllati dall’esercito israeliano e che separano i villaggi palestinesi dalle proprie terre al di là del Muro.
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