I rappresentanti della troika (Fmi, Ue e Bce) continuano a premere sul governo ellenico affinché rispetti tutti gli impegni assunti circa l’allontanamento dal settore pubblico di 25.000 dipendenti entro la fine del 2013. Infatti secondo il Memorandum che è alla base della concessione dei prestiti alla Grecia da parte dei creditori internazionali, il governo di Atene deve procedere al licenziamento di 12.500 impiegati statali entro il prossimo giugno e di altri 12.500 entro la fine dell’anno. Nessuno dei tre partiti della coalizione di governo (Nea Dimokratia del premier Antonis Samaras, il socialista Pasok di Evanghelos Venizelos e Sinistra Democratica di Fotis Kouvelis) vuole prendersi la responsabilità di apparire troppo accondiscendente rispetto alle richieste di UE, Bce e Fmi, per paura di perdere preziosi consensi alle prossime elezioni. E quindi se da una parte il governo sta tentando di trovare il modo di licenziare i dipendenti pubblici tramite degli escamotage dall’altra gli esponenti dei tre partiti ripetono – recentemente lo ha fatto Venizelos – che il popolo greco non può sopportare altri sacrifici. In cambio della sforbiciata al settore pubblico, però, i rappresentanti della troika – Matthias Mors (Ue), Claus Masuch (Bce) e Mark Flanagan e Bob Traa (Fmi) – potrebbero concedere qualcosa. Ma non la riduzione dell’IVA dal 23 al 13% sui prodotti di ristorazione, un’imposta che rende i prezzi non competitivi e colpisce duramente il turismo.
Intanto nel paese non mancano le proteste. Ieri tutti i musei e i siti archeologici della Grecia – Acropoli inclusa – sono rimasti chiusi a causa di uno sciopero di 24 ore indetto dalla Federazione nazionale dei dipendenti del ministero della Cultura. La protesta è stata decisa contro un progetto di riforma del settore che porterà secondo i sindacati più risultati negativi che positivi. Secondo quanto riferito in un comunicato, gli impiegati pubblici temono che le nuove misure mettano a rischio i propri posti di lavoro e compromettano le attivita’ dello stesso ministero.
Il giorno prima, giovedì, è stato il turno degli studenti. Diverse migliaia di giovani hanno manifestato ad Atene contro “Athina”, il piano del governo teso a ristrutturare le università chiudendo o fondendo alcuni dipartimenti universitari. Il progetto, che punta a far calare a 384 il numero delle facoltà, contro le 534 attuali, e prevede di ridurre del 4% il numero degli studenti ammessi negli istituti superiori l’anno prossimo, è dettato essenzialmente dai tagli di bilancio dovuti alla crisi che ha colpito il paese ellenico e all’austerità imposta dai creditori internazionali. Realizzato su una popolazione studentesca che non è mai stata tanto esposta alla disoccupazione (con due terzi degli under-24 senza lavoro) – il contestatissimo piano ha riacceso le preoccupazioni sul futuro di quella che la stampa greca ha ribattezzato la “generazione perduta”, spesso condannata all’emigrazione. Il progetto di fondere 28 facoltà è stato rinviato al 2018 per permettere agli studenti giù iscritti di poter terminare il corso di studi senza doversi trasferire altrove. Ma per accelerare i tempi e blindarne l’approvazione “Athina” è stato presentato al parlamento sotto la forma di un decreto presidenziale.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa
giovanni
25.000 statali in un anno in Grecia sono in proporzione 150.000 in Italia, ovvero poco più dell’ordinaria amministrazione dei governi italiani, dove da 7 anni gli statali calano di 100.000 l’anno senza bisogno di tagliare, semplicemente col blocco delle assunzioni che non permette di rimpiazzare i pensionati.