Molti erano civili, un congruo numero di dipendenti della struttura giuridica: un magistrato, quattro procuratori, un segretario. Fra le vittime due donne e anche lo zio della senatrice della provincia Belquis Roshan, una delle personalità politiche intervistate nel nostro recente viaggio a Kabul. Qari Ahmadi, presentatosi come portavoce dei talebani, con un volantino lasciato presso le sede della televisione locale aveva rivendicato l’attacco. A realizzarlo otto kamikaze che, vestendo divise dell’esercito, erano penetrati nell’edificio e s’erano fatti esplodere. Per Ahmadi l’azione mirava a liberare alcuni guerriglieri incarcerati e presenti in tribunale per il processo. Invece le autorità afghane hanno dichiarato che nel luogo preso di mira non c’era nessun taliban. Da parte sua Hambastagi condanna fermamente la strage: “Gli organizzatori di questo terribile attentato sono terroristi contro l’umanità. Hanno portato un profondo lutto alla popolazione di Farah e all’intero popolo afghano, hanno colpito tutti coloro che si definiscono esseri umani. Gli afghani odiano i talebani e sono furiosi verso Karzai che ha la sfrontatezza di chiamare costoro “fratelli” nonostante siano nemici dell’umanità e del progresso. Qualche giorno addietro il presidente ha addirittura invitato il capo di questi assassini a candidarsi alle prossime elezioni. Così i taleban si sentono ancor più incoraggiati a uccidere i civili e rafforzare il loro fascismo”.
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