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Boston: psicosi antiaraba e pista interna

A due giorni dall’attentato di Boston prosegue la caccia ai responsabili dell’attentato, costato la vita a tre persone e il ferimento di altre 176, diciassette delle quali versano in condizioni molto critiche. A tredici di loro é stato necessario amputare gli arti inferiori, dilaniati dalle esplosioni. Nelle ultime ore è stata resa nota l’identità della terza vittima: si tratta di una studentessa cinese a Boston per un master in Matematica e Statistica. La famiglia della ragazza aveva chiesto di non diffondere le generalità della figlia, ma diversi media cinesi hanno riportato il suo nome. Gli altri due morti sono un bambino di 8 anni, Martin Richard, e una ragazza di 29, Krystle M. Campbell.
Intanto nel paese si è scatenata una vera e propria psicosi nei confronti dei cittadini arabi e islamici, e sono in molti – media, politici, intellettuali – a rispolverare il pericolo islamico, il nemico esterno in nome del quale occorre unire le forze della nazione americana e mettere da parte le divisioni interne. E’ impossibile dar conto qui delle innumerevoli notizie riportate dai media in merito ad atti di razzismo e di discriminazione che hanno preso di mira nelle ultime ore cittadini statunitensi o stranieri.
Ma dalle indagini e dalle caratteristiche dell’attentato di Boston sta emergendo che molto probabilmente gli autori della strage vanno cercati all’interno delle contraddizioni di un paese in cui l’estrema destra razzista non ha mai cessato di fare morti e di intervenire in maniera violenta contro coloro che vengono reputati come dei traditori.

Si fa ad esempio strada l’ipotesi che a causare morti e feriti siano state delle pentole a pressione riempite di esplosivo “fatto in casa” e il cui effetto è stato però amplificato con chiodi e cuscinetti a sfera. Ora l’FBI afferma che “finora non ci sono state rivendicazioni” e che non c’e’ alcuna pista preferenziale sulla matrice dell’attacco (straniera od interna) né sulla motivazione. Fatto sta che le bombe usate contro i maratoneti e il pubblico di Boston erano assai rudimentali e potevano essere realizzate con una spesa di cento dollari comprando i vari componenti in qualsiasi grande magazzino. Gli ingredienti del ‘cocktail’ esplosivo erano così comuni che per l’inchiesta il compito di ricostruirne la matrice e risalire al colpevole é tutta in salita: una semplice pentola a pressione imbottita di esplosivo artigianale e armata con un semplice detonatore; dentro, una manciata di cuscinetti a sfera, schegge e chiodi, per assicurare il massimo del danno. Un tipo di ordigno usato in passato da alcuni gruppi minori legati ad al Qaeda (impossibilitati evidentemente ad accedere a esplosivi ad alto potenziale), ma che anche l’estrema destra razzista e ultranazionalista ha spesso utilizzato. Gli inquirenti non escludono neanche che l’autore della strage possa essere un ‘lupo solitario’, uno squilibrato che nutre risentimento nei confronti di qualche autorità o istituzione.
Secondo il quotidiano ‘Boston Globe’ il primo ordigno esploso si trovava molto vicino alla tribuna dove all’inizio della maratona era seduto il governatore del Massachusetts, l’afroamericano Dave Patrick. Un personaggio che a destra viene considerato una sorta di ‘doppio’ di Barack Obama.

Anche la sinistra statunitense si schiera fra chi non crede alla pista jihadista, ma é convinto che gli attentatori di Boston vadano cercati tra gli ambienti estremisti interni. Una tesi sposata  anche da Michael Moore, regista progressista e icona dell’ala liberal del Partito Democratico. Su twitter, poche ore dopo le esplosioni, Moore ha postato un paio di messaggi dal significato chiarissimo, puntando il dito sul movimento anti-tasse ultra-conservatore del Tea Party: ”Tax Day-Patriots day”, quasi a dire che nel giorno in cui gli americani devono presentare la dichiarazione dei redditi, si sarebbero fatti sentire i ‘Patrioti’, come si autodefiniscono i seguaci di Sarah Palin e Fox News. Quindi un secondo twitt: ”2+2=”, cioé basta fare due più due e il conto torna. In molti hanno fatto notare come le due bombe fossero state piazzate lungo l’ultimo miglio della gara, dedicato alle vittime della strage nella scuola di Newtown e come a essere colpita fosse Boston, una delle città più progressiste degli States.

Lasciano comunque l’amaro in bocca le dichiarazioni altisonanti e ipocrite di quegli esponenti politici e di quei giornalisti, anche italiani, che dopo le bombe di Boston hanno denunciato che “nel mondo torna la paura” invocando ‘la difesa della democrazia’, ‘la solidarietà alla nazione americana’ o altre simili frasi di circostanza. Prima ancora di conoscere la matrice degli attentati e quando il mondo rimane muto ogni giorno davanti a stragi assai più efferate. Come in molti hanno fatto notare: quanti afghani o iraqeni o siriani vale un morto statunitense?

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