Si é concluso ieri, con la condanna di cinque imputati, il processo di primo grado iniziato nel 2011 per il caso della clinica Medicus di Pristina, in Kosovo, dove sono stati eseguiti illegalmente almeno una trentina di espianti di reni su cittadini russi, turchi e di altri Paesi dell’Europa orientale. Le indagini erano iniziate quando un cittadino turco era svenuto all’aeroporto di Pristina, dopo che gli era stato espiantato un rene. La clinica venne perquisita e poi sequestrata.
Le vittime avevano accettato di cedere uno dei propri organi in cambio di un compenso variabile dai 15 ai 20mila euro, a volte mai corrisposto. I riceventi, in gran parte agiati israeliani, sborsavano invece fino a 100mila euro per ottenere un rene sano. Il tribunale di Pristina che ha emesso la sentenza, composto da un giudice kosovaro e da due colleghi nominati dalla missione europea Eulex, ha comminato la condanna più severa a Lufti Dervishi, urologo ed ex proprietario della clinica privata, giudicato colpevole di associazione criminale e traffico di essere umani. Dervishi é stato condannato a otto anni di carcere e a una multa di 10mila euro, oltre che alla sospensione dalla professione medica. Al figlio e complice, Arban Dervishi, é stata invece inflitta una pena di 7 anni e tre mesi per gli stessi reati imputati al padre. Entrambi sono invece stati assolti dalle accuse di aver arrecato gravi danni fisici alle vittime del traffico di organi, di frode e falsificazione di documenti. Anche tre ex anestesisti impiegati alla Medicus sono stati condannati a pene più lievi, da uno a tre anni di reclusione.
E’ stato invece assolto dall’imputazione di abuso d’autorità l’ex ministro della Sanità del Kosovo, Iir Rrecaj, accusato di aver occultato informazioni che avrebbero consentito di far luce su quanto avveniva, sotto gli occhi dell’UE e della Nato, nella clinica privata. Durante il procedimento Rrecaj ha ammesso di sapere che presso la clinica Medicus venivano effettuati trapianti illegali di reni, ma ha negato di averli coperti o agevolati.
Inoltre non sono state considerate nella sentenza le posizioni di due imputati-chiave, che non si sono mai presentati in aula durante il dibattimento. Si tratta delle presunte menti del traffico d’organi: il chirurgo turco Yusuf Sonmez, soprannominato in patria ”Dottor Frankenstein” e sospettato di essere l’autore materiale degli espianti, e un cittadino israeliano, Moshe Harel.
La vicenda in questione non sembra avere legami con quella del traffico di organi umani organizzato alla fine degli anni Novanta in Kosovo e Albania dai miliziani albanesi dell’Esercito di liberazione del Kosovo (Uck), ai danni sopratutto di prigionieri serbi e di altre etnie non albanesi. Inchiesta che ha lambito il premier kosovaro, Hashim Thaci, che ha però sempre negato le accuse. Il pubblico ministero che ha gestito il processo conclusosi ieri, Johnathan Ratel, aveva chiesto la testimonianza di Marty, autore di un rapporto del Consiglio d’Europa sul traffico di organi durante la guerra del Kosovo del 1998-99, ma la richiesta è stata respinta dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Nel suo rapporto del 2011, Marty affermava che ci sono “indicazioni credibili, convergenti” che la vicenda della Medicus sia legata al traffico di organi organizzato dall’Uck, in quel caso attraverso il rapimento di cittadini invisi alle milizie separatiste.
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