E’ salito a 429 morti il bilancio ufficiale dei morti del crollo, avvenuto la scorsa settimana dell’edificio alla periferia di Dacca che ospitava cinque aziende tessili e varie altre attività economiche. Le autorità hanno comunque riferito che almeno altre 149 persone risultano disperse e che quindi il bilancio finale della strage è destinato a crescere. Le operazioni di ricerca, ha annunciato il responsabile dei soccorsi, il generale Hasan Suhrawardy, andranno avanti fino a quando non verrà recuperato l’ultimo corpo. Ma ieri la leader dell’opposizione, Khaleda Zia, ieri ha accusato il governo di nascondere l’effettivo bilancio delle vittime per minimizzare la portata della tragedia.
Intanto ieri le manifestazione per il Primo Maggio in Bangladesh sono state all’insegna del dolore per la strage di Dacca e della rabbia contro la globalizzazione dei mercati che costringe a lavori massacranti per pochi dollari al mese. Nel popoloso paese asiatico circa 3,5 milioni di persone lavorano nelle fabbriche che confezionano capi di abbigliamento per le grandi firme della moda mondiale, in cambio di stipendi da fame – circa 400 dollari l’anno – e in condizioni di semischiavitù.
Decine di migliaia di lavoratori hanno quindi celebrato ieri la ricorrenza ricordando e denunciando la morte di centinaia di operai tessili. Associazioni sindacali, partiti politici e diverse organizzazioni governative hanno tenuto cortei, comizi e attività culturali a Dacca e nel resto del Paese. Si sono registrate anche nuove proteste dei manifestanti che chiedono la pena di morte per i responsabili delle fabbriche tessili situate del complesso che avrebbero ignorato i segnali di un possibile cedimento. Il costruttore e alcuni manager sono stati arrestati. L’altro ieri diversi manifestanti sono stati feriti in scontri fra operai e polizia, mentre le fabbriche dei distretti industriali di Dacca sono state chiuse fino a ieri per timore di attacchi e sabotaggi da parte dei lavoratori e stanno lentamente riaprendo solo oggi.
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