Nuove demolizioni a Gerusalemme Est. Stavolta nel mirino dei bulldozer israeliani c’è la moschea di Ras al-Amoud, quartiere palestinese di Gerusalemme Est, alle porte della Città Vecchia. Ieri il tribunale israeliano ha rigettato l’appello presentato dalla comunità per fermare la demolizione parziale della moschea Muhammad al-Fatih, perché costruita senza i necessari permessi rilasciati dal Comune di Gerusalemme. A riportare la notizia è stato l’iman Sabri Abu Diab, che ha aggiunto che la parte della moschea sotto ordine di demolizione è quella destinata alla preghiera delle donne.
La moschea era stata costruita nel 2009 per accogliere i tanti fedeli musulmani a cui non è possibile accedere alla moschea di Al Aqsa, sulla Spianata delle Moschee. Da tempo i legali della moschea hanno avanzato richieste di riconoscimento della legalità della costruzione, chiedendo più volte i permessi di costruzione, ma le autorità israeliane hanno sempre rigettato gli appelli.
La moschea si trova nel martoriato quartiere di Ras al-Amoud, vicino a Silwan. Il quartiere è da anni target dei coloni israeliani che dal 1997 hanno occupato una casa palestinese, ribattezzando l’insediamento Ma’ale Zeitim. Negli anni il governo israeliano ha pianificato e implementato la costruzione di oltre cento nuove unità abitative per coloni nel quartiere palestinese: le prime 50 case sono state completate nel 2003, le successive 60 sono terminate da poco. Ultima in ordine di tempo la costruzione di altre 20 unità abitative, attraverso la demolizione della casa della famiglia palestinese Hamdallah: dopo anni di battaglie legali, lo scorso settembre le forze di polizia israeliane hanno sfrattato con la forza la famiglia palestinese.
Il piano di colonizzazione di quartieri come Silwan e Ras al-Amoud rientra nella politica di giudaizzazione della Città Santa: l’obiettivo israeliano è ridurre il più possibile il numero di palestinesi residenti a Gerusalemme, una politica portata avanti sia attraverso demolizioni continue sia attraverso il rifiuto di fornire permessi di costruzione nei quartieri arabi. A ciò si aggiunge la revoca del diritto di residenza, la quasi totale mancanza di servizi pubblici a favore delle zone in cui risiedono le famiglie palestinesi, dalla raccolta dei rifiuti ai trasporti pubblici.
Secondo i dati raccolti dall’associazione israeliana per i diritti umani B’Tselem, dal 2004 a febbraio 2013 a Gerusalemme sono state demolite 442 case e 1.746 persone (di cui 945 minori) sono state lasciate senza un tetto sulla testa.
da Nena News
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