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“Basta Euro”. Oscar Lafontaine sferza la Linke

Per il 58% dei tedeschi “il governo tedesco deve fare di tutto per salvare l’euro”. Almeno così dice un sondaggio commissionato dalla prima rete televisiva pubblica tedesca Ard, dal quale emerge che tre quarti dei tedeschi sono convinti che la moneta unica riuscirà a superare la crisi, continuando a esistere. Sempre il 75% dei sondati ritiene che l’euro in fondo sia stata una buona idea, che però è stata messa in pratica male. 
Un terzo del campione è invece convinto che “la Germania non ha bisogno dell’euro”.
Ne è convinto anche il leader storico dei socialdemocratici tedeschi di sinistra, tra i fondatori alla fine degli anni ’90 del partito Die Linke, ‘La Sinistra’, insieme agli ex comunisti della Germania Democratica e ai comunisti di quella Federale.
Lafontaine, che da un certo tempo ha abbandonato la guida del partito per motivi di salute, è tornato a sferzare la Linke e la sinistra tedesca con una dichiarazione che non è certo passata inosservata.

«La moneta comune sarebbe potuta durare nel tempo – ha scritto Lafontaine – se gli stati coinvolti avessero seguito una politica salariale comune. Io ho creduto che questo coordinamento fra i Paesi fosse possibile, e per tale ragione negli anni ’90 ho sostenuto l’introduzione dell’euro». Ma i governi europei, spiega il leader socialista, hanno gestito la cosa in maniera pessima, non facendo nessuno sforzo per armonizzare gli stipendi e per ridurre le diseguaglianze fra le diverse regioni dell’euro-zona. E quindi si è ingenerata una concorrenza al ribasso delle retribuzioni dei lavoratori, con la Germania che attraverso una politica di moderazione salariale ha favorito l’export delle sue aziende che in poco tempo hanno conquistato i mercati dei Paesi dell’Europa meridionale e orientale.
Nella situazione attuale, spiega il leader politico, il deficit di competitività di stati come Grecia, Portogallo o Spagna può dunque essere recuperato solo attraverso una svalutazione netta dei salari di operai e impiegati di quei Paesi. In poche parole con un inaccettabile impoverimento di massa. A meno che ciascuno stato non abbia nuovamente una propria valuta e si possa tornare alle svalutazioni monetarie. Al posto dell’euro, andrebbe recuperato un sistema monetario europeo come quello che esisteva fino al 31 dicembre 1998, quando nacque l’Unione economia e monetaria.
Un giudizio negativo e senza appelli, per Lafontaine, che scrive che occorre “farla finita con l’esperienza dell’euro”.
Una posizione che non corrisponde a quella del suo partito, sempre più rissoso e diviso in numerose correnti con posizioni spesso contrapposte. Una parte importante della Linke non ha nessuna intenzione di essere additata come ‘anti-euro’ e di essere confusa con gli euroscettici conservatori del nuovo partito guidato da Bernd Lucke, ‘Alternativa per la Germania’. La linea dei due cosegretari della Linke, Katja Kipping e Bernd Riexinger, è assai diversa da quella esplicitata a sorpresa da Lafontaine, e prende di mira i populisti di AfD dicendo un si esplicito all’euro: «Loro dicono no all’euro e sì all’austerità, noi diciamo no all’austerità e sì all’euro. Loro sono di destra, noi di sinistra».
Il partito è chiamato a giugno a una movimentata conferenza nazionale che dovrà decidere con quale programma e quali parole d’ordine presentarsi alle elezioni generali di settembre. Nei sondaggi la Linke è in caduta libera, e potrebbe non ottenere i consensi sufficienti per entrare al Bundestag. Si capirà se quelle espresse da Lafontaine sono posizioni personali oppure se la battaglia per la fine dell’Euro conquisterà anche in Germania i consensi di una parte della sinistra.

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