In questi giorni il Brasile sta occupando le cronache dei giornali di mezzo mondo per l’immancabile maxi-evento estivo: la Confederations Cup, o meglio la Copa das Confederações, come dicono qui. Ovviamente le immagini che giungono dall’altro lato dell’oceano mostrano tifoserie variopinte, stadi nuovi e spiagge meravigliose: la faccia allegra e moderna del Brasile di oggi, insomma.
Che poi quelle tifoserie variopinte siano composte esclusivamente dalle fasce più benestanti della popolazione, che quegli stadi nuovi siano il frutto di abusi di potere nei confronti degli abitanti di quelle zone e di probabili crimini ambientali, e che quelle spiagge tanto affascinanti rappresentino soltanto la splendida facciata naturale dietro cui nascondere enormi problemi urbanistici, non importa quasi a nessuno.
Ciò che gli occhi notoriamente distratti dei media occidentali fingono di non vedere sono, ad esempio, gli eventi occorsi nelle principali città brasiliane a partire da giovedì 6 giugno, in seguito all’annuncio, di pochi giorni prima, di un aumento del prezzo della corsa degli autobus nella città di San Paolo, che passava così dai 3 ai 3,20 R$ (vale a dire poco più di un euro). Si consideri che il salario minimo nazionale, fissato per legge, è nel 2013 di 678 R$1. Circa 5mila manifestanti hanno risposto alla chiamata del Movimento Passe Livre2 (Movimento per il trasporto pubblico gratuito) per occupare e bloccare per qualche ora le vie centrali di questa immensa metropoli. Dopo il concentramento proclamato per le ore 17, centinaia di manifestanti si sono diretti verso il palazzo del Comune, da pochi mesi nelle mani di Fernando Haddad (Partido dos Trabalhadores PT), dove hanno intonato cori e slogan contro lo stesso sindaco. Verso le 19, i manifestanti hanno raggiunto l’avenida 23 de Maio, una delle vie principali della città che collega il centro con
la zona sud, e lì sono state innalzate le prime barricate e appiccati i primi fuochi. In risposta, la squadre speciali della Polizia Militare, qui denominate Batalhão de choque, hanno dapprima tentato di sgomberare la strada con piccole azioni respinte dai manifestanti, poi, seguendo una pericolosa logica dello scontro, hanno dato il via ad una vera e propria battaglia nel centro della città. Il lancio di gas lacrimogeni e l’attacco con i proiettili di gomma ha disperso i manifestanti e i fronti dell’azione si sono moltiplicati. Verso le 21, l’epicentro della lotta si era ormai spostato all’altezza della famosa avenida Paulista, dove erano state chiuse quasi tutte le entrate della metropolitana. A fine serata si sono registrati gli ultimi scontri di fronte al museo MASP (Museo de Arte di San Paolo), situato anch’esso nell’avenida Paulista.
Il risultato dell’assurda repressione della polizia, ha lasciato sul campo una trentina di feriti e ha portato all’arresto di una quindicina di manifestanti. Il comandante delle forze di polizia responsabile del distaccamento centrale della città, Reynaldo Rossi, ha dichiarato che la repressione si è resa necessaria con il sopraggiungere della protesta nell’Avenida 23 de Maio e in seguito al lancio di oggetti contro le forze dell’ordine. Gli attivisti del MPL, nel loro sito3, rispondono che si trattava di una protesta pacifica e che solo dopo l’attacco della polizia qualche dimostrante ha cominciato a reagire all’ennesima repressione del diritto a manifestare. L’obiettivo del movimento, sostengono gli appartenenti al gruppo, è quello di ottenere la revoca dell’aumento della tariffa urbana: “ogni volta che la tariffa viene aumentata, aumenta anche il numero di persone escluse dal sistema di trasporto” (vedere sito del movimento).
Il giorno dopo è stata convocata una nuova manifestazione: il corteo è stato “scortato” dalla polizia durante tutto il percorso. Inizialmente, la protesta si è svolta in maniera pacifica, tuttavia, anche in questa occasione, le forze dell’ordine non hanno rinunciato a ricorrere alla violenza e al lancio di gas lacrimogeni.
Il 10 giugno è stata la volta di Rio de Janeiro dove la tariffa dell’autobus è recemente passata da 2,75 a 2,95 Reais. La storia anche qui si è ripetuta uguale. La repressione poliziesca, il lancio di lacrimogeni e di proiettili di gomma hanno trasformato il centro carioca in un campo di battaglia e numerosi sono stati gli arrestati e i feriti.
L’11 giugno i paulisti, sempre più numerosi, sono tornati instancabilmente in strada per il terzo giorno di proteste. Anche stavolta non sono mancate le aggressioni da parte della Polizia Militare, i feriti e gli arresti, che secondo gli avvocati sono avvenuti in maniera irregolare. Ciò non è bastato a placare le manifestazioni: così, anche il 13 giugno, le strade sono state nuovamente invase da lavoratori, studenti, militanti, gente comune, tutti insieme per rivendicare un servizio di trasporto pubblico accessibile a tutti. Gli arresti sono stati numerossimi, addirittura 241 persone, tra i quali alcuni giornalisti. Durante la stessa giornata sono avvenute manifestazioni in altre città brasiliane, come Rio e Porto Alegre, e anche questa volta la brutalità della polizia ha causato ferimenti ed arresti.
Anche questa domenica, infine, non sono mancate le proteste e gli attacchi della polizia a San Paolo e a Rio de Janeiro: in quest’ultima città si sono registrati scontri proprio nei dintorni del Maracaná, prima e durante la partita tra Italia e Messico. Ovviamente, nessun giornalista o commentatore sportivo italiano si è degnato di riportare l’accaduto.
La mobilitazione è stata immediata: movimenti, partiti e associazioni brasiliane hanno sottoscritto in questi giorni un manifesto per denunciare le violenze poliziesche e le continue repressioni, nel paese, del diritto a manifestare. Secondo gli autori del manifesto, è difficile augurarsi un comportamento democratico da parte della Polizia Militare controllata dal PSDB4, quella stessa polizia che nel gennaio del 2012 si era resa protagonista nello sgombero del quartiere Pinheirinho5.
In un paese dove le privatizzazioni e l’adozione di un modello neoliberale a partire dagli anni ’90 ha gettato interi settori, strategici per l’economia nazionale, nelle mani del capitale privato, la sfera pubblica si è ridotta ormai ai minimi termini. Oltre al problema del costo del biglietto dell’autobus, giunto a livello insostenibili soprattutto per le classi meno agiate, il manifesto rivendica l’esigenza di misure strutturali per una migliore pianificazione della mobilità urbana. In una metropoli come San Paolo gli automobilisti e i fruitori degli scarsi servizi pubblici rimangono ogni giorno intrappolati nel traffico per molte ore, perdendo il loro tempo di non lavoro in qualcosa in cui è difficile scorgere una logica. L’irrisoria linea metropolitana in rapporto alle dimensioni della città, la bassa qualità del sistema di trasporto pubblico organizzato a vantaggio delle imprese private, lo svilupparsi disordinato dei quartieri, sono tutti problemi che aggravano la vita dei paulisti. Non a caso, erano proprio queste le tematiche su cui il neo-sindaco del partito di Lula, Fernando Haddad, aveva incentrato la sua campagna elettorale.
Nel manifesto si richiedono soluzioni definitive e l’adozione di un modello di sviluppo che prescinda dagli stimoli economici all’industria automobilistica. Vengono, inoltre, denunciati la borghesia e i settori conservatori della società, in quanto colpevoli di travisare le soluzioni strutturali proposte dai manifestanti e di far passare nei canali di comunicazione appena gli atti “violenti” di una minoranza di loro. Ciò renderebbe evidente, come riportato dall’appello, le contiguità dei mass media “con le imprese automobilistiche (interessate a vendere automobili), con le imprese private concessionarie dei trasporti (che lucrano attraverso il ricatto nei confronti dei Comuni) e con la speculazione immobiliaria (contraria alla riorganizzazione territoriale)”. È proprio su questi temi che si gioca la battaglia tra i due fronti: l’attuale modello economico adottato dal Brasile incentiva l’uso dei mezzi di trasporto privato, contribuendo grazie al boom economico, alla rapida crescita dell’industria automobilistica (dove la Fiat riveste un ruolo rilevante). Le concessionarie di automobili nello Stato di San Paolo si diffondono a macchia d’olio così come le ammiccanti promozioni del mese. Le distanze enormi e il cattivo funzionamento dei trasporti pubblici si trasformano, evidentemente, nell’ennesimo incentivo a un simile modello di consumo. Le concessionarie private di trasporti godono di libertà assoluta e ricevono denaro pubblico, per questo motivo la richiesta è che i rispettivi municipi possano porre un tetto massimo all’innalzamento delle tariffe. Rimane, infine, la questione della riorganizzazione territoriale: soprattutto negli ultimi anni i prezzi degli affitti nei centri delle metropoli hanno raggiunto cifre assurde e la geografia urbana dei quartieri rispecchia la differente stratificazione sociale. Le periferie sono affollate dalle classi subalterne che ogni giorno si dirigono verso il centro per pulire gli uffici e le case dei suoi abitanti, servirli ai tavoli dei ristoranti o fare da guardia alle loro ville. Sono proprio queste le classi che più usano i mezzi pubblici per spostarsi. In Brasile esiste già da diversi anni un movimento piuttosto vasto, l’MTST – Movimento dos Trabalhadores Sem-Teto (Movimento dei lavoratori senza casa), che attraverso l’occupazione di edifici abbandonati si pone l’obiettivo di riconquistare anche i centri delle città ormai riservati esclusivamente alle classi più agiate della società.
In questi giorni si continuano ad organizzare manifestazioni. Gli appuntamenti della settimana prevedono nuovi atti di protesta anche in altre città brasiliane, perché ormai, come gridavano i manifestanti di Porto Alegre, “São Paulo! Rio de Janeiro! Porto Alegre e Natal! Pelo passe livre! A luta é nacional!” (San Paolo! Rio de Janeiro! Porto Alegre e Natal! Per il biglietto gratis! La lotta è nazionale!).
1http://www.planalto.gov.br/ccivil_03/_Ato2011-2014/2012/Decreto/D7872.htm
2Movimento fondato nel 2005 al Forum Mondiale di Porto Alegre.
4PSDB, partito social-democratico brasiliano, formazione di centro-sinistra aperta al libero mercato, tradizionalmente al governo dello Stato di San Paolo.
5Noto anche come massacro del Pinheirinho, si tratta di un’azione di “guerra” della Polizia Militare nella quale vennero mobilizzati elicoltteri, carri armati e 2mila soldati dei reparti speciali per il reintegro della proprietà sulla quale vivevano dal 2004, circa 1600 famiglie.
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