Menu

Spagna. Resistenza e organizzazione per la sanità pubblica

In questa intervista Nines Maestro racconta la lotta in corso a Vallecas e l’arresto di ieri.

Che cosa state facendo al Centro salute di Vallecas “Federica Montseny” contro le misure adottate dal governo, e perché?

Il Ministero della Salute del Partido Popular ha intensificato il processo di smantellamento della sanità pubblica, per promuovere le imprese private. In particolare, nel Distretto di Vallecas, verranno trasferite alla gestione privata sia Centri specializzati come il Federica Montseny e il Vicente Soldevilla sia due Centri di Salute Mentale, ma sono già previste la chiusura del primo e del Centro di Salute Mentale villa Vallecas.
L’obiettivo del ministero è che il lucroso business della gestione sanitaria privata, pagato con i nostri soldi, debba essere controllato direttamente dai proprietari dell’Ospedale Infanta Leonor, i cui proprietari e nuove società sono riusciti a privatizzare ciò che resta.
 

Come è la risposta del quartiere e dei settori coinvolti nella difesa della salute pubblica?

La risposta del quartiere alla chiamata alla mobilitazione da parte dell’Associazione dei residenti di Alto del Arenal, è stata straordinaria: più di 500 persone si sono radunate davanti alla porta e hanno presentato documenti con cui ogni persona con nomi e cognomi esige di essere trattato esclusivamente in centri di proprietà e gestione pubblica. Nella sala centrale c’è stato un incontro in cui è stato ribadito che il Ministero aveva cominciato la fase di privatizzazione a Vallecas, ed è stato organizzato un sit in a tempo indeterminato e una nuova assemblea.
 

Cosa spiega questo nuovo processo di lotta?

L’appello ha dichiarato: “Abbiamo preso la decisione di non tornare umili”. Si riferisce alla decisione che si sta diffondendo di prendere in consegna le altre forme di organizzazione e di lotta, centrate in ogni quartiere e ogni villaggio intorno resistenza contro la privatizzazione e lo smantellamento dei centri sanitari e degli ospedali. Siamo consapevoli che questo è di vitale importanza perché le “maree” e le grandi dimostrazioni stavano perdendo slancio negli ultimi tempi e quel che è peggio, non c’era una struttura organizzativa locale di rinforzo, che sono che l’unica che può permettere l’accumulazione di forze.

Cosa è successo ieri sera?

Quattordici persone hanno iniziato il primo turno del picchetto Abbiamo trovato una stanza aperta con la chiave. Dalla terrazza abbiamo comunicato, gridando slogan e affiggendo diversi striscioni, dicendo: “. Contro la privatizzazione, lotta sindacale” “Abbiamo preso la decisione di non tornare umili”, “Abrogazione della legge 15/97”. Poco più di un’ora dopo, e apparentemente chiamato dal Direttore Medico del Centro – secondo il Ministero della Salute – sono arrivati 12 poliziotti in tenuta antisommossa che dicevano che avevamo forzato la porta.
Dopo di che, tutti con le mani in alto e poi sono scattate le manette. Non c’è stata alcuna resistenza e da lì ci hanno spostati tutto il tempo ammanettati fino alla Questura di Moratalaz. Ci hanno trasferiti dentro i furgoni blindati, con le manette dietro la schiena, senza cintura di sicurezza, e guidati a tutta velocità, temendo di finire ogni momento stesi sul pavimento.
Quasi completamente chiusi, senza luce e il calore abbiamo iniziato a cantare a voce alta: “Andalusi di Jaen”.
Dopo numerose procedure e dopo aver rifiutato di testimoniare ci hanno rilasciato la libertà, con le seguenti accuse: “Scasso di proprietà di persona giuridica per forzare le cose,” in più con le accuse di “disobbedienza, la resistenza e attacco contro l’autorità.”
 

Qual è il prossimo passo per difendere il centro Federica Montseny?

Il passo successivo, come sempre, dovrà fare i conti con il ritorno di fiamma della repressione. Ma c’ è però questo grande calore della gente, sempre più massiccio che riconosce l’azione come propria e rafforza la sua decisione di andare avanti. Ci auguriamo che in altri quartieri e città rafforzino la decisione di organizzare comitati o consigli dove le azioni sono previste in ogni luogo che venga ritenuto più appropriato.
Penso che la parola d’ordine dovrebbe essere quello di estendere l’organizzazione, raggiungere territori e nominare un responsabile per ogni caseggiato per diffondere la propaganda, raccogliere le denunce, ecc.
Ora deve finire il lamento, ed anche l’ “indignazione”, intesa come una sorpresa verso il comportamento delle autorità pubbliche; era ragionevole aspettarsi che non facessero nulla, mentre fanno tutto il possibile a spese del popolo? Il primo obiettivo è quello di organizzare la nostra forza in modo che regga per molto tempo.

Sul terreno della lotta per la salute, le parole d’ordine sono:

Abrogazione della legge 15/97

Far tornare alla mano pubblica tutto ciò che è stato privatizzato.

Assistenza sanitaria universale e di qualità per tutte le persone.

Infine, faccio notare che delle 14 persone arrestate, tra i quali i membri di Solidaridad Obrera e residenti del quartiere,senza legami politici, sei sono membri di Unidad Popular di Classe. Spero che l’iniziativa pubblica che si terrà il 21 giugno faccia riflettere quella gente che i venti iniziano a soffiare forte.

Intervista rilasciata a Insurgente.org

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *