Non passa giorno senza che le forze di sicurezza turche non procedano all’arresto di attivisti e militanti dell’opposizione di sinistra. Trentuno persone sono state arrestate oggi in relazione alle recenti proteste contro il governo. Secondo l’agenzia di stampa turca Dogan un tribunale della capitale ha ordinato l’arresto di 23 manifestanti con l’accusa di aver organizzato proteste e di istigazione alla violenza. Altre nove persone sono state arrestate a Istanbul con l’accusa di atti di vandalismo contro edifici pubblici e legami con organizzazioni ‘terroristiche’ di estrema sinistra. Secondo i giudici di Ankara le persone arrestate avrebbero organizzato le proteste e alimentato le violenze in nome del partito Comunista marxista-leninista (MLKP). Altre tre persone sono state rilasciate ma in libertà vigilata. Ad Istanbul, 18 membri di un altro movimento di estrema sinistra, il Partito socialista degli Oppressi (ESP), sono stati arrestati per “appartenenza a gruppo terroristico” e “distruzione di beni pubblici”.
Sono stati centinaia questa settimana gli attivisti, i militanti, i giornalisti riconducibili a partiti marxisti arrestati da lunedì in tutta la Turchia.
Intanto nuovi scontri fra polizia e manifestanti antigovernativi sono stati registrati durante la notte ad Ankara. Le forze antisommossa hanno disperso con la forza, usando gas lacrimogeni e idranti, gruppi di manifestanti nella zona di Tunali e di via Kennedy, teatro di scontri praticamente ogni notte da tre settimane ininterrottamente.
I servizi segreti turchi del Mit hanno da parte loro avviato indagini su presunti ”collegamenti esteri” con le manifestazioni di protesta contro il governo delle ultime settimane, riferisce Hurriyet online. Il premier Recep Tayyip Erdogan ha denunciato più volte un ”complotto” contro il suo governo puntando il dito contro potenze estere, stampa internazionale e lobby finanziarie.
Sul fronte opposto la Federazione Internazionale dei Diritti Umani (Fidh) ha lanciato un appello alla comunità internazionale perché vengano sospese le vendite di gas lacrimogeni alla Turchia. ”Molti manifestanti sono stati colpiti alla testa o al corpo a causa di un uso inappropriato dei candelotti lacrimogeni o dei proiettili di gomma, in violazione della legge internazionale, in particolare dei principi Onu sull’uso della forza e delle armi a fuoco da agenti della forza pubblica” denuncia la Fidh, ripresa da Hurriyet online. La polizia ha usato massicciamente i gas lacrimogeni contro manifestanti pacifici. Oltre 130mila candelotti sono stati sparati nelle prime settimane di rivolta, spesso ad altezza d’uomo ed a distanza ravvicinata. Secondo il dottor Umit Bicer, dell’Associazione specialisti di medicina legale, la polizia ha usato i gas lacrimogeni ”non come un mezzo per controllare la folla ma come un’arma chimica”. ”Abbiamo serie preoccupazioni circa la morte di due cittadini in seguito alla loro esposizione ai lacrimogeni” ha affermato.
Secondo l’Unione medici turchi (Tbb) nelle ultime tre settimane 3 manifestanti sono stati uccisi, circa 8000 feriti, 59 gravemente, 11 hanno perso la vista. Secondo Bicer vanno considerati come vittime della repressione altre due persone, un uomo di 47 anni ad Ankara e una donna di 50 anni a Istanbul, morti per insufficienza respiratoria il primo e crisi cardiaca la seconda dopo una forte esposizione ai lacrimogeni. Secondo il dottor Dogan Sahin, dell’Associazione turca di psichiatria, l’uso massiccio dei lacrimogeni può essere considerato come una forma di ”tortura” in quanto si propone di infliggere ”un dolore psichico e fisico con un intento punitivo”.
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