Sotto pressione continua per le manifestazioni di piazza che vi si sono opposte a gran voce, la Camera dei Deputati ha bocciato ieri la cosiddetta Pec 37, cioè la proposta di emendamento alla Costituzione che avrebbe sottratto alla magistratura federale la facoltà di indagare su determinati reati, passandone la competenza alla polizia: uno fra tutti, la corruzione, una vera e propria piaga della politica brasiliana e in particolare del partito al governo, il socialdemocratico Partido Dos Trabalhadores.
La Pec 37, messa in votazione nell’ambito di una “agenda positiva” creata appositamente dalla Camera per rispondere alla mobilitazione sociale, è stata bocciata con 490 voti contrari contro soli 9 favorevoli e due astensioni, tra gli slogan “Rejeita! Rejeita!” (Rigettala!) gridati dai banchi dei deputati e dallo stesso presidente dell’Assemblea, Henrique Eduardo Alves. Se la ‘Pec dell’impunità’, com’è stata ribattezzata dai manifestanti, fosse stata approvata, i pubblici ministeri non avrebbero più potuto indagare su casi di corruzione, come è ad esempio accaduto per quanto riguardo il ‘mensalão’, il più grave scandalo che ha colpito il governo Lula alcuni anni fa. Prima dell’inizio delle proteste contro l’eccessiva spesa pubblica per la Confederation’s Cup e i mondiali di calcio, il rincaro dei trasporti pubblici e la corruzione, nemmeno la commissione speciale istituita per discutere del tema era riuscita a trovare un accordo tra i rappresentanti dei diversi partiti sulla Pec 37. “Quando la Commissione Giustizia votò per la Pec la maggioranza era a favore” ha ironizzato il deputato Ivan Valente dopo il voto, “ora con la pressione che viene dalle piazze, hanno cambiato tutti idea”.
Altra novità non secondaria, la Camera di Brasilia ha anche votato, questa volta a favore, di una norma per destinare all’istruzione il 75% delle royalties provenienti del petrolio. L’iniziativa era stata preannunciata dalla presidente Dilma Rousseff che però proponeva il 100%: i deputati hanno deciso di destinare il restante 25% alla sanità, un altro settore al centro delle rivendicazioni delle centinaia di migliaia di brasiliani che continuano a scendere in piazza da settimane.
Nel frattempo la rete dei circa 70 movimenti sociali già mobilitatasi con successo per l’approvazione della “Lei da Ficha Limpa”, la legge della “fedina penale pulita” per i candidati a incarichi pubblici, ha lanciato una nuova campagna, “Reforma Política Já” (Riforma politica ora). L’obiettivo è raccogliere un milione e mezzo di firme per presentare una legge d’iniziativa popolare che metta fine al finanziamento ai partiti da parte delle imprese. “La relazione incestuosa fra aziende e candidati in campagna elettorale si riflette nei contratti sovrafatturati, le autorizzazioni indirizzate e nella malversazione delle risorse pubbliche” ha detto il presidente dell’Ordine nazionale degli avvocati (Oab), Marcus Vinicius, fra i promotori dell’iniziativa. Una corsa contro il tempo: affinché le nuove regole entrino in vigore nel 2014, anno in cui si celebreranno le elezioni presidenziali e quelle legislative, devono essere approvate entro il 5 ottobre.
Un’altra novità viene dal Supremo tribunale federale brasiliano che ha confermato ieri la condanna nei confronti del deputato federale Natan Donadon, del Partito del movimento democratico brasiliano (Pmdb, di centrodestra), ed ha chiesto l’emissione di un mandato di cattura nei suoi confronti. Donadon é il primo parlamentare a finire in carcere dalla approvazione della Costituzione democratica del 1988. Nel 2010 la corte aveva condannato a 13 anni e quattro mesi di reclusione Donadon per associazione a delinquere e peculato. Il deputato é accusato di aver sottratto circa 2,5 milioni di euro dai fondi del parlamento di Rondonia, attraverso falsi contratti di pubblicità. Secondo molti giornali la decisione del Supremo federale è anche in questo caso conseguenza del clima generato dalle proteste di piazza.
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