Da Washington a Los Angeles a migliaia hanno protestato contro l’assoluzione dell’assassino di Trayvon Martin, nell’ambito della campagna “Giustizia per Trayvon”, lanciata dalla Rete Nazionale di Azione.
Tutti in piazza per ricordare Trayvon e per chiedere giustizia. Sulla scia del contestato verdetto di assoluzione del vigilante ‘volontario’ George Zimmerman per l’uccisione del giovane adolescente afroamericano Trayvon Martin, alcune migliaia di cittadini statunitensi sono scesi oggi nuovamente nelle strade per manifestare il loro sdegno in oltre cento città. “Da costa a costa” come hanno affermato gli organizzatori. Che dopo la rabbia dei giorni scorsi sono riusciti a orientare le mobilitazioni all’interno del discorso obamiano contraddistinto come sempre da tante buone parole e da scarsi, scarsissimi fatti.
Le manifestazioni hanno comunque messo all’indice gli enormi problemi che interessano il gigante americano in tema di amministrazione della giustizia e di eguaglianza razziale. ”Siamo andati oltre il verdetto”, ha detto la madre di Trayvon, Sybrina Fulton. ”Certo siamo feriti, certo siamo delusi, ma questo vuol dire che dobbiamo rimboccarci le maniche e continuare a lottare”. E poi ancora: ”Ora é toccato a mio figlio, domani potrebbe toccare al vostro”, ha detto da un palco a Brooklyn al termine della manifestazione più importante, quella organizzata a New York, alla quale hanno partecipato anche alcune celebrità afroamericane come le star della musica Beyonce e suo marito, il rapper Jay Z. Il padre di Trayvon, Tracy Martin, a sua volta é stato chiamato a guidare i manifestanti a Miami, in Florida, a pochi chilometri dal luogo dell’omicidio del figlio e dal tribunale dove pochi giorni fa una giuria composta di sei bianchi – anzi bianche – ha assolto l’assassino in nome della legittima difesa. L’obiettivo dei manifestanti, ha detto il reverendo nero Al Sharpton, uno degli organizzatori, é di far sentire la loro voce negli edifici dei tribunali federali e nei quartier generali della polizia. Evitando, evidentemente, ogni rivendicazione politica per non mettere in difficoltà il presidente Barack Obama. Che proprio ieri ha detto: “E’ importante riconoscere che la comunità afroamericana sta esaminando la vicenda attraverso una serie di esperienze e di una storia che non passa”, sottolineando che ci sono ”pochissimi uomini afroamericani che non hanno avuto l’esperienza di essere seguiti dopo esser stati a fare shopping in un grande magazzino” o che non hanno avuto ”l’esperienza di salire su un ascensore con una donna che stringe la borsetta nervosamente e trattiene il respiro fino a quando non ha la possibilità di scendere”. ”Trayvon Martin avrei potuto essere io 35 anni fa”, ha detto poi Obama con una battuta ad effetto che fa a cazzotti con l’immobilismo della sua amministrazione e del Partito Democratico in tema di eguaglianza razziale e giustizia ‘wasp’.
Ma le parole del presidente hanno fatto sentire i genitori di Trayvon ”profondamente onorati e commossi”, convincendoli a ringraziare Obama per il suo ”meraviglioso tributo” al figlio.
Una parte degli organizzatori e molti dei manifestanti hanno però ripetuto una richiesta già presente nelle mobilitazioni dei giorni scorsi, indirizzata al Dipartimento Federale della Giustizia, affinché riapra l’inchiesta e riveda l’assoluzione di George Zimmerman alla luce della violazione dei diritti civili.
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