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Turchia: scontri, arresti, punizioni e inviti alla delazione

Non si ferma il giro di vite del regime turco contro il dissenso: scontri e nuovi arresti a Istanbul e in altre città. Niente borse di studio per gli studenti ribelli e inviti alla delazione contro chi manifesta.

Nuovi scontri ieri pomeriggio nel centro di Istanbul. La polizia turca ha disperso con la violenza alcune centinaia di manifestanti, vicino a piazza Taksim, tornati ieri a protestare contro il pugno di ferro usato dalle forze di sicurezza contro le proteste antigovernative degli ultimi mesi. I parenti di Berkin Elvan, un ragazzino di 14 anni in coma da 47 giorni a causa di un lacrimogeno sparatogli in testa dalla polizia mentre andava a comprare il pane per la famiglia, avevano convocato una conferenza stampa nella piazza principale dei quartieri europei di Istanbul, per chiedere la punizione dei poliziotti colpevoli. Ma gli agenti l’hanno impedita e i manifestanti sono stati per l’ennesima volta bloccati dai reparti antisommossa che hanno fatto uso non solo dei manganelli ma anche dei cannoni ad acqua, dei gas lacrimogeni e delle pallottole di gomma. Ne sono seguiti scontri durati per alcune ore in Via Istiklal e nelle vie adiacenti.

Il giorno precedente invece la polizia turca aveva arrestato 17 persone durante l’ennesima protesta a Gezi Park. Fra i fermati anche l’attivista tedesco per i diritti umani Klaus Muller, ammanettato mentre cercava di impedire che la polizia rimuovesse dal parco le ‘tombe’ simboliche dei quattro giovani manifestanti uccisi (anche se un conteggio più verosimile raddoppia il numero delle vittime) dalle forze dell’ordine durante le proteste popolari degli ultimi mesi. Poche ore prima 9 attivisti di gruppi dell’opposizione di estrema sinistra erano stati arrestati dai reparti antiterrorismo durante un’operazione congiunta realizzata ad Ankara, Smirne, Samsun, Mersin e Tunceli. Come per le precedenti retate i capi di accusa contro gli arrestati sono molto gravi: “appartenenza ad organizzazione terroristica”, “danneggiamento di proprietà pubblica o privata”, “attentato alle istituzioni”.
Il governo liberal-islamista di Erdogan sembra voler imprimere un nuovo giro di vite nel paese, ed ha ordinato alla polizia di installare in tutti i quartieri delle apposite ‘cassette’ nelle quali i cittadini potranno depositare le proprie denunce dei ‘comportamenti illeciti’ dei vicini. Il progetto intende mobilitare i settori conservatori della popolazione turca, sensibili alle accuse lanciate nei confronti dei manifestanti, definiti da Erdogan e dal sindaco di Istanbul dei vandali, se non degli agenti stranieri implicati in un complotto contro le aspirazioni turche di divenire una importante potenza regionale. Il progetto della polizia dovrebbe permettere ad ogni cittadino di denunciare in forma anonima qualsiasi comportamento ‘sospetto’ creando così un clima di sospetto e di ulteriore caccia alle streghe. Naturalmente le organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno duramente criticato il progetto. Il vicepresidente dell’organizzazione umanitaria Mazlum-der Arif Kocer ha detto al quotidiano Zaman che ”incitare la gente a rivelare quanto uno dice dell’altro é il primo passo verso uno stato di polizia”. ”E’ una pessima iniziativa, che crea un nuovo meccanismo di pressione sui cittadini. Una persona rinuncerà a esigere i propri diritti per paura che questo venga interpretato negativamente e denunciato alle autorità” ha denunciato invece il presidente della Associazione dei diritti umani (Ihd) Ozturk Turkdogan. Ergin Cinmen, un avvocato impegnato nella difesa dei diritti umani, ha ricordato che un meccanismo di delazione di questo tipo non era stato istituito in Turchia neanche durante le dittature militari dei decenni scorsi. La scorsa settimana lo stesso Erdogan ha invitato i simpatizzanti del suo partito – l’islamista Akp – a denunciare i vicini che partecipano alle proteste antigovernative come le ‘caceroladas’, quelle durante le quali si fa rumore sbattendo una pentola contro l’altra. Una anziana signora di Antalya, Sevim Uysal, 86 anni, ha ricevuto una multa di 88 lire turche, circa 35 euro, su denuncia di un agente di quartiere per avere partecipato a una protesta di questo tipo.
Notizia di ieri invece che il pugno di ferro del regime di Ankara si abbatterà anche contro gli studenti ‘ribelli’. L’ultimo segnale del giro di vite contro il dissenso é stato l’annuncio da parte del Kyk, l’ente pubblico incaricato di aiutare finanziariamente gli studenti meno abbienti, che per i giovani che scendono in piazza e contestano non ci saranno borse di studio. In una circolare resa pubblica questa settimana il Kyk ha precisato che chi si impegna in attività di ”resistenza, boicottaggi, occupazioni, scritte o dipinti (in spazi pubblici), canta slogan o cose analoghe” ed ”é coinvolto in azioni di anarchia e terrorismo” non potrà ottenere aiuti, perché queste azioni costituiscono una ”violazione del diritto all’ educazione”. Un mese fa il premier Erdogan ha già annunciato che le guardie private finora usate per garantire la sicurezza nei campus universitari saranno presto sostituite dalla polizia. 

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