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Paese Basco: assolti 40 giovani indipendentisti. Ma la repressione non dà tregua

Sono finiti sui giornali, bollati come terroristi e sostenitori dell’Eta, poi in carcere per mesi, o addirittura per più di un anno, in alcuni casi sono stati torturati o comunque sottoposti a trattamenti inumani. Alla fine, dopo un lungo calvario, ieri è arrivata la notizia della completa assoluzione per tutti e 40 gli attivisti e le attiviste del movimento giovanile indipendentista basco oggetto negli ultimi anni di un maxiprocesso a carico della famigerata Audiencia Nacional di Madrid. Che, dopo mesi di silenzio e di attesa, ieri ha smontato del tutto l’accusa nei confronti dei 40, accusati di aver partecipato o sostenuto la cosiddetta ‘kale borroka’ – guerriglia urbana, in basco – o semplicemente di aver condotto attività politiche e sociali riconducibili ad una organizzazione – Segi – messa fuori legge nel 2007 perché ritenuta una emanazione del gruppo armato indipendentista e quindi terrorista anch’essa. 

La maggior parte degli imputati erano stati arrestati nel novembre del 2009, quando una retata realizzata contemporaneamente in tutto il territorio basco da centinaia di agenti portò alla cattura di 34 attivisti dei movimenti giovanili di sinistra. Altri riuscirono a sfuggire all’operazione Garbi (“pulizia”) e scelsero di rendersi irreperibili per alcuni mesi. Tre di loro – Zuriňe Gogenola Goitia, Fermin Martinez Lacunza e Artzai Santesteban Arizkuren – scelsero di aprire un caso internazionale e il 10 giugno vennero arrestati a Roma mentre volantinavano a due passi da Palazzo Chigi, e nonostante un ampio movimento di solidarietà vennero estradati in Spagna e imprigionati. Una sorte simile toccò ad altri compagni che scelsero di farsi arrestare in altri paesi europei per obbligare la cosiddetta ‘comunità internazionale’ ad aprire gli occhi sulla inaccettabile repressione alla quale le autorità spagnole sottopongono i movimenti giovanili baschi.
Come dicevamo la sentenza dell’Audiencia Nacional – il maxiprocesso era iniziato il 19 ottobre e si era chiuso all’inizio di febbraio – si è fatta attendere parecchio, segno che all’interno del team di giudici il dibattito è stato aspro. Alla fine infatti uno dei togati ha differenziato il proprio giudizio, affermando che a suo parere almeno trentacinque  accusati avrebbero dovuto essere condannati a sei anni di carcere. Una delle parti civili, l’associazione di destra e nazionalista spagnola Dignidad y Justicia, andava anche oltre, chiedendo tra i 10 e i 12 anni di reclusione per ognuno degli imputati.
Ciò che chiedeva anche la pubblica accusa, forte di prove fabbricate dalla polizia e delle dichiarazioni di colpevolezza firmate da alcuni dei processati al termine dei durissimi interrogatori – alcuni, come dicevamo, configurabili come vera e propria tortura – e che, anche se subito ritrattate dai dichiaranti davanti al giudice istruttore Fernando Grande-Marlaska al termine dei giorni di isolamento, per la legge d’emergenza spagnola valgono comunque come ‘prove a carico’. Ma alla fine i giudici hanno dovuto ammettere che il procedimento non è riuscito a provare neanche la semplice appartenenza dei giovani processati a Segi, per non parlare dei presunti atti criminali a loro attribuiti.
La buona notizia di ieri ne ha per contraltare un’altra negativa, segno che la macchina repressiva contro la sinistra e i movimenti sociali baschi non è affatto ferma.
Ieri due giovani di Bilbao – Jon Telletxea e Urtzi Martinez – sono stati condannati a due anni e mezzo di reclusione perché riconosciuti colpevoli di aver partecipato agli scontri con la polizia il 29 marzo del 2012, in occasione di uno sciopero generale proclamato dai sindacati di classe e indipendentisti. 

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