Il premier conservatore giapponese Shinzo Abe, in un discorso per l’anniversario della resa nella II Guerra Mondiale, non ha espresso rammarico verso i paesi asiatici per le sofferenze inflitte loro dal Giappone in quel periodo. Abe ha rotto una tradizione che andava avanti da un ventina d’anni, per la quale il primo ministro nipponico presentava le sue scuse durante il discorso del 15 agosto, anniversario della capitolazione del 1945. In un breve intervento pronunciato a Tokyo nel corso di una cerimonia alla presenza dell’imperatore Akhihito e dell’imperatrice Michiko, Abe si e’ limitato a rendere omaggio alle vittime del conflitto e ad auspicare che la pace duri. ”Non dimentichero’ mai il fatto che la pace e la prosperita’ delle quali godiamo attualmente nascano dal sacrificio delle vostre vite” ha detto Abe rivolto ai caduti, e ha concluso ”noi faremo del nostro meglio per dare il nostro contributo alla pace nel mondo”.
Rinunciando alla tradizione delle scuse, il premier ha voluto ribadire la sua posizione nazionalista nei confronti dei vicini asiatici, Cina e Corea del Sud in primo luogo, che nel secolo scorso hanno sofferto le atrocita’ dell’occupazione giapponese (1910-1945 la Corea, 1931-1945 parte della Cina). Abe oggi ha inviato un’offerta votiva al santuario di Yasukuni a Tokyo, dove vengono ricordati i 2,5 milioni di giapponesi caduti nelle guerre recenti, ma anche 14 criminali di guerra della II Guerra Mondiale.
Le visite al santuario di esponenti del governo giapponese sono sempre state viste come un oltraggio da parte di Pechino e Seul. Abe oggi ha evitato di recarsi di persona al tempio shintoista, ma ha permesso ai suoi ministri di andarci. Due componenti del suo gabinetto, Yoshitaka Shindo (Interno e Comunicazione) e Keiji Furuya (presidente della commissione nazionale di sicurezza pubblica) sono andati oggi al santuario a rendere omaggio ai caduti.
A quanto pare, il nuovo governo “liberale” si sente vicino al periodo più truculento e imperialista della storia recente del Sol Levante. Una presa di posizione che mette a rischio i già complicati rapporti con i potenti vicini asiatici.
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