Si spara e si continua a morire. Al Cairo e altrove si contano altre 25 vittime mentre il mondo guarda la mattanza degli islamici. Sono come gli altri figli d’un Egitto obbligato alla guerra civile da aguzzini in divisa con facce incoscienti quasi inconsapevoli del male fatto a tutti. Chi li conosce li accusa. Capi e sottoposti, altri li difendono. Riportiamo due impressioni riprese oggi da Facebook. Scrive Muhammad: Il nostro esercito, i generali sono vigliaccamente audaci solo nel giocare a tiro a segno con la popolazione indifesa e hanno un grande difetto: non conoscono la storia. Non comprendono che se fino a oggi avevano, sulla carta, qualche sostegno fra la gente dopo simili bagni di sangue quest’appoggio svanirà. Non conoscono la storia neppure i grandi sostenitori dell’esercito egiziano: Stati Uniti e Israele. Ieri in Turchia la gente ha manifestato in sostegno degli egiziani e contro l’esercito; indovinate dove? Davanti all’ambasciata americana. Perché? Perché la popolazione ha compreso che quando c’è morte e distruzione in Medioriente è da lì che arriva tutto. Ed è inutile che la Casa Bianca si metta a condannare ormai non la dà a bere nemmeno ai bambini. Oggi l’Egitto intero è in lutto per i suoi martiri e quei coraggiosi figli che hanno dato la vita per un futuro migliore. Ma la nazione dovrebbe comprendere che il dado è tratto e che il conto alla rovescia per Al-Sisi e la sua banda è iniziato. “Versate questo sangue, la nostra vita sarà più duratura. Uccideteci, la nostra gente diverrà sempre più cosciente”. Erano le parole dell’Imam Khomeini negli anni della rivoluzione in Iran che però sembrano pronunciate proprio per l’Egitto di oggi. E come accadde per l’Iran, anche in Egitto la gente vincerà”.
Esattamente all’opposto Shaymaa: “Da sopra la stazione di polizia di Al-Warraq, vicino a Imbaba (Cairo) dove abito ieri ho visto coi miei stessi occhi un gruppo di Fratelli Musulmani e di salafiti che irrompevano nella caserma. Portavano armi e hanno fatto fuoco sulla gente per strada e su di noi, nelle case. Io e la mia famiglia stiamo bene, ma i Fratelli Musulmani hanno deciso di devastare l’Egitto. Hanno affermato chiaramente: “Incendieremo il Paese e verseremo sangue in ogni luogo, uccideremo i militari, la polizia e l’opposizione”. E lo stanno facendo da settimane. Ogni giorno combinano qualcosa poi tornano al luogo del sit-in, in Rabaa, dove entrano negli appartamenti con la forza e usano i bambini degli orfanotrofi. Da noi – giuro su Dio, giuro su Dio! – non c’è un golpe militare, siamo scesi in piazza perché Morsi è un traditore e i Fratelli Musulmani sono terroristi. Siamo scesi in piazza per quattro giorni di seguito, in tutte le piazze egiziane, e abbiamo chiesto al generale Al-Sisi di proteggerci da Morsi. Morsi ha rifiutato tutte le nostre richieste, decidendo di uccidere la gente per strada. Per questo Al-Sisi s’è intromesso nella questione. Ha deciso di aiutare la gente. Per Dio, io sono musulmana, ma non amo i Fratelli Musulmani. Per Dio, sono dei terroristi. Morsi ha fatto uscire di prigione i terroristi nel primo mese del suo governo e adesso il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha deciso di riunirsi contro l’Egitto a causa di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia. I Fratelli Musulmani bruciano le chiese e noi le proteggiamo. Abbiamo tanti, tanti, tanti problemi per il terrorismo dei Fratelli Musulmani. Voglio che la voce degli egiziani raggiunga tutti i paesi del mondo perché l’ignobile Al-Jazeera mente. Per Dio, non è vero quel che dicono Al-Jazeera e il Guardian! Il Guardian aiuta i Fratelli Musulmani forse perché loro contribuiscono al giornale. La prima intervista rilasciata da Morsi dopo esser diventato presidente è stata pubblicata dal Guardian.”
Le lacrime, i colpi sui corpi, sangue, gas, grida, silenzio. Il fumo nero delle ruote bruciate dalle molotov, uomini e donne caduti a centinaia, da ammassare, da piangere, da colpire ancora, da vendicare, da indicare ai familiari, da trasportare nella Moschea trasformata in obitorio e poi di nuovo fuori. Poveri corpi diventati cadaveri che il caldo a 36 gradi dopo ore inizia a martoriare a sua volta. I blocchi di ghiaccio adagiati sulle membra inerti, le carni imbiancate. Questo racconta Salem, uno dei giovani attivisti accorso da casa sua alla Moschea Al-Iman diventata un incubo dopo essere stata voce di protesta. Accompagna adulti e giovani al mesto riconoscimento dei martiri. Tanti parenti vengono da fuori, anche dal profondo sud perché certi militanti fedeli avevano fatto centinaia di chilometri per accamparsi ad Al-Nasr in sostegno del presidente defraudato. L’odore di morte è insopportabile per gli stessi militanti motivati dalla pietosa opera, intenti a fronteggiare i graduati dell’esercito pure sul fronte burocratico: l’ordine governativo è disfarsi presto dei cadaveri, dargli sepoltura per ragioni di salute pubblica. Riconosciuti o meno. L’efficienza della burocrazia si vede nella puntuale esecutività: così i cecchini hanno liberato la piazza dall’ingombro d’una protesta ostinata e “suicida” che sostiene di volersi perpetuare. Pum pum, sangue e fine vita. Ora occorre disfarsi del cittadino disobbediente che non chinava la testa al volere del generale. Bisogna sgombrare, nettare, chiudere il cerchio, archiviare anche questa strage dopo quelle della prima rivolta, dei cammelli lanciati sulla folla, di Maspero, Mohammed Street, dello Stadio di Port Said, di Al-Ittihadiyyah, della caserma della Guarda nazionale, delle Moschee di Rabaa, Al-Iman… Solo Allah sa quel che può seguire.
16 agosto 2013
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