E’ salito a 50 il numero dei morti negli attentati compiuti oggi contro due moschee a Tripoli, nel nord del Libano. I feriti sarebbero almeno 500. Gli attentati di Tripoli sono stati compiuti con due autobomba parcheggiate vicino ad altrettante moschee al termine della preghiera del venerdì. Ad essere prese di mira sono state le moschee Taqwa e Salam, quest’ultima vicino alla casa del primo ministro Najib Miqati, un sunnita di Tripoli che però al momento non era presente in città.
Il momento delle esplosioni è stato ripreso da telecamere di sicurezza interne alle moschee. Nei video, trasmessi dalla televisione Lbc, si vedono molti fedeli seduti a terra quando all’improvviso una nuvola gigantesca di fumo li avvolge, con pezzi di intonaco e altro materiale che volano in aria. Immediatamente dopo decine di persone prese dal panico fuggono verso le uscite. Le immagini riprese dalle televisioni all’esterno mostrano corpi carbonizzati, decine di auto in fiamme e facciate di palazzi danneggiate. Il duplice attentato ha colpito la comunità sunnita di Tripoli schierata in maggioranza contro il presidente siriano Bashar al Assad. Otto giorni fa invece un’autobomba ha ucciso 27 persone in un quartiere nel sud di Beirut roccaforte del movimento sciita Hezbollah che sostiene il presidente siriano Assad. Il movimento Hezbollah ha subito condannato gli attacchi di Tripoli, affermando che essi rispondono ad un “disegno criminale per seminare la discordia tra i libanesi con l’obiettivo ultimo di «frammentare la regione e farla precipitare in un bagno di sangue”.Una valutazione purtroppo realistica e lungimirante quella di Hezbollah. Sono molti infatti i segnali che indicano come il Libano rischi di sprofondare nuovamente in un conflitto generalizzato, stritolato dalla precipitazione della crisi in tutta la regione mediorientale. All’allarme per le stragi di Beirut e strage di Tripoli (dove da tempo si segnalano di scontri tra fazioni armate sunnite e alawite, schierate rispettivamente contro e a favore del regime siriano) si aggiunge la tensione provocata ieri da un raid aereo israeliano in cui è stato colpita con un razzo la base di un gruppo palestinese nella Valle di Naame, a sud di Beirut. L’attacco israeliano è stato compiuto su una postazione del Fronte popolare per la liberazione della Palestina-Comando Generale (Fplp-Cg) di Ahmad Jibril, sostenuto da Damasco, in risposta al lancio di quattro razzi avvenuti ieri dal Libano contro Israele. Il Fplp-Cg ha negato di avere alcuna responsabilità nel lancio dei razzi, rivendicato invece da una organizzazione legata ad Al Qaida, le Brigate Abdallah Azzam che da tempo si sta facendo spazio tra i sunniti libanesi e in alcuni campi profughi palestinesi.
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