Prevenuti? Ideologici? Solo perché diciamo che anche la guerra contro la Siria sarebbe un capitolo dell’assalto imperialista alle riserve di petrolio del mondo? Le quali, per un caso della geologia, sono collocate per i due terzi nell’area del Golfo…
Ecco un esempio di quel che si scrive nel mondo, nella breve nota di uno dei migliori inviati che la Rai ha mai avuto…
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IN SIRIA C’È PUZZA DI PETROLIO
I civili in Siria muoiono e qualcuno il gas lo ha usato, ma l’indignazione Usa riguarderebbe il controllo del petrolio mediorientale e dei gasdotti. Accusa post sovietica alla Putin? No, l’accusa viene dell’autorevole e prestigioso quotidiano inglese «The Guardian», che sulla questione armi chimiche è puntiglioso: la scena scioccante dei civili, compresi bambini, colpiti da un qualche tipo di attacco chimico è vera, ma -sostiene- restano dubbi se si trattava di armi chimiche di tipo militare dell’arsenale di Assad, o se fosse una miscela rudimentale collegabile alle forze ribelli.
In attesa di scoprire il vero assassino, torniamo alla puzza di petrolio. L’ostilità degli Stati Uniti nei confronti della Siria nasce dalla questione iraniana. Secondo il Guardian già nel 2007 Bush aveva autorizzato operazioni della CIA contro l’Iran. Effetto collaterale? Il rafforzamento di gruppi estremisti sunniti vicini ad al-Qaeda. Secondo l’ex Segretario della Nato Wesley Clark, quello delle bombe umanitarie sulla Jugoslavia, c’èun piano della Difesa Usa per rovesciare i governi di 7 paesi in cinque anni, a partire dall’Iraq per continuare in Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan e Iran.
E’ la partita mortale degli oleodotti. Il rifiuto di Assad a una pipeline che escludesse la Russia. Alternativa, un gasdotto da 10 miliardi dall’Iraq verso la Siria, con l’Iran potenziale cliente. Si scatenano le ire del principe saudita Bandar bin Sultan, che preme direttamente su Vladimir Putin. Quando il presidente russo rifiuta, il principe minaccia un’azione militare. Gran finale. Chiarito che Assad è un tiranno il cui governo merita di essere rovesciato, la domanda chiave la pone Nafeez Ahmed, dell’ Institute for Policy Research: da chi sarà sostituito e a sostegno di quali interessi?
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