Sono centinaia i cittadini turchi andati in Siria per combattere contro l’esercito di Assad. Lo afferma un rapporto degli stessi servizi segreto turchi citato dal quotidiano Taraf. “In Turchia ci sono 500 combattenti turchi” titolava ieri in prima pagina il quotidiano, secondo il quale “Le informative dei servizi mettono la parola fine al dibattito sui cittadini turchi che combattono in Siria”. Secondo il rapporto dell’intelligence sono tre i gruppi di turchi che stanno combattendo in territorio siriano, il primo è composto da “militanti jihadisti”, poi ci sono i mercenari pagati circa 1500 dollari al mese per difendere le proprietà di siriani facoltosi da eventuali attacchi. Un terzo gruppo è invece impegnato sull’altro fronte, composto da curdi o simpatizzanti della causa curda che sono andati a combattere nelle milizie popolari create dal Partito dell’unione democratica (Pyd) e che controllano il nord-est della Siria da oltre un anno.
Ma non sono le poche centinaia di integralisti islamici turchi che combattono in Turchia a fianco dei ribelli a preoccupare più di tanto i movimenti che ad Ankara si oppongono ad un eventuale intervento militare del governo di Erdogan contro i vicini siriani. Il problema più grave è rappresentato dal sostegno militare, logistico e finanziario accordato ormai da tempo alle milizie islamiste che riuniscono migliaia di combattenti provenienti da tutto il mondo e inquadrati in gruppi esplicitamente affiliati al Al Qaeda. La conquista la settimana scorsa da parte dei miliziani qaedisti della città siriana di Azaz, a soli cinque chilometri dal confine, ha suscitato forti preoccupazioni in Turchia.
Nei giorni scorsi è stato il capo dell’opposizione parlamentare turca, Kemal Kilicdaroglu, ad accusare direttamente il premier Recep Tayyip Erdogan di aiutare in Siria i gruppi armati affiliati ad Al Qaeda, al Nusra e Siis. In un discorso pronunciato ad Antiochia, vicino al confine siriano, Kilicdaroglu ha denunciato che il regime turco permette ai gruppi qaedisti di addestrare i loro uomini nella provincia di Hatay. Il leader dell’opposizione ha invitato Erdogan a mandare i propri figli a combattere in Siria nei ranghi di Al Qaeda “se proprio vuole la guerra” contro Damasco. Kilicdaroglu ha anche contestato l’argomento che Bashar al Assad va combattuto perché il regime non è democratico: “C’e’ democrazia in Arabia saudita? C’é democrazia nel Qatar?” ha chiesto polemicamente, affermando anche che il governo turco “srotola il tappeto rosso” per il presidente del Sudan Omar al-Bashir “che ha ucciso 300mila persone”.
Prima di Kilicdaroglu era stato il leader del Pyd, il principale partito curdo siriano, Saleh Muslim, ad accusare il regime di Ankara di appoggiare i miliziani jihadisti del Fronte al Nusra, fornendo loro anche armi e cannoni. Saleh Muslim ha detto di avere ”documenti” che dimostrano l’aiuto fornito dal governo turco ai miliziani qaedisti, aprendo un corridoio speciale in un campo minato al confine per permettere il passaggio per gli armati di Al Nusra.
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