Un nuovo muro umano – Herri Harresia – ha cercato di evitare o comunque ritardare a Pamplona l’arresto di un giovane basco, Luis Goñi, condannato a sei anni di reclusione dai tribunali spagnoli perché accusato di aver militato in Segi, organizzazione giovanile del movimento indipendentista sciolta dai tribunali in nome della tesi che ‘tutto è Eta’.
Dopo due mesi di latitanza il giovane è ricomparso nel primo pomeriggio di ieri nel capoluogo navarro, dove a circondarlo di affetto e complicità e a frapporsi tra lui e la polizia sono scesi in piazza a migliaia, giovani e non. Il tira e molla con la Policia Nacional è durato parecchie ore, e solo intorno alle due di notte gli agenti in tenuta antisommossa sono riusciti a portarselo via dopo aver smontato pezzo a pezzo il muro umano che ne rivendicava la libertà. L’arresto è avvenuto quando in piazza Navarrerìa, nel centro antico di Pamplona, resistevano ancora centinaia di persone, superstiti di quelle migliaia che ieri pomeriggio avevano sfilato in corteo gridando slogan contro la repressione. Non sono mancate le consuete cariche, le pallottole di gomma e gli attivisti trascinati per metri nonostante un atteggiamento improntato esclusivamente alla disobbedienza e alla resistenza passiva da parte dei manifestanti solidali. “Abbiamo costruito il muro popolare nella Navarrerìa, nel cuore di Pamplona, è stato impressionante e ha dimostrato chiaramente che la società basca non è disposta a rimanere con le braccia conserte mentre si sequestrano militanti politici” aveva detto Luis Goñi, ricordando gli episodi simili dei mesi scorsi a Donostia e a Ondarroa.
L’arresto di un militante politico accusato esclusivamente di un reato d’opinione è avvenuto poche ore prima che a Madrid si aprano vari maxiprocessi contro la sinistra indipendentista. Saranno in totale ben 200 i militanti, gli attivisti e gli amministratori che dovranno passare durante questa settimana davanti ai magistrati dell’Audiencia Nacional di Madrid, tribunale speciale ereditato dal franchismo – anche se prima si chiamava Tribunal de Orden Publico – da decenni dedito alla persecuzione di movimenti politici, sociali, sindacali trattati come organizzazioni criminali.
Uno di questi processi – il 26/11 – si apre oggi contro una quarantina di ragazzi e ragazze accusati di far parte di Segi, esattamente come Goñi, e quindi di essere dei terroristi non per aver piazzato bombe o aver compiuto attentati, ma semplicemente per il fatto di aver insistito nel militare in una organizzazione giovanile di massa sciolta d’imperio e perseguitata dalle autorità di Madrid (ma non di Parigi). Un altro dei processi – il 35/02 – comincerà giovedì e riguarda coloro che vengono considerati i finanziatori dell’Eta attraverso la gestione di una fitta rete di ‘herriko tabernas’, i bar e le sedi sociali del movimento indipendentista: anni fa un centinaio di locali sparsi in tutta Euskal Herria vennero sequestrati e poi commissariati e una serie di attivisti e amministratori vennero imputati per reati gravissimi.
L’andamento dei due maxiprocessi costituirà una importante cartina di tornasole per comprendere se la fine della lotta armata da parte dell’ETA corrisponderà almeno ad un ammorbidimento degli assurdi teoremi accusatori che a partire dagli anni novanta hanno portato alla messa fuori legge di partiti e organizzazioni di massa, alla chiusura di radio e quotidiani, alla inabilitazione politica di decine di migliaia di attivisti, all’arresto e alla tortura di centinaia di loro.
I segnali, da questo punto di vista, non sono proprio incoraggianti, vista la maxiretata di pochi giorni fa che ha portato alla detenzione di ben 18 coordinatori di Herrira, la rete di solidarietà con i prigionieri politici, e l’arresto in grande stile ieri di Luis Goñi.
In particolare i giovani di Segi hanno già scontato un totale di 50 anni di carcere preventivo – più di un anno a testa di media – e per loro la magistratura eternamente emergenzialista chiede una condanna a 240 anni, cioè sei ciascuno, sulla base di accuse di ‘appartenenza’ o ‘collaborazione’ con l’ETA.
I dirigenti dei partiti della sinistra basca messi fuori legge e accusati di finanziare l’organizzazione armata sviando i fondi ottenuti tramite le sedi sociali – le ‘Taverne del Popolo’ di cui sopra – rischiano pene anche più alte: da 8 a 12 anni di carcere per un totale di 372 anni complessivi. Non basta. Perché giovedì inizierà un processo anche contro i rappresentanti di 110 associazioni culturali, accusati in qualche modo di essere legate ad una non meglio precisata ‘rete terroristica’.
La maggior parte dei giovani che saranno giudicati (nella foto) fu arrestata il 24 novembre del 2009 in una delle tante maxiretate ordinate dal giudice Fernando Grande Marlaska: 35 ragazzi e ragazze finirono in manette, molti altri riuscirono a sfuggire alla cattura e si nascosero alla meglio. Per poi, alcuni mesi dopo, farsi arrestare in varie parti d’Europa per far emergere pubblicamente e a livello internazionale lo scandalo di un paese ‘democratico’ che arresta giovani attivisti accusati escusivamente di reati di opinione sulla base di un teorema tutto politico. Tre di loro – Fermín Martínez Lakunza, Artzai Santesteban Arizkuren e Zuriñe Gogenola Goitia – furono arrestati a Roma il 10 giugno del 2010, in piazza Colonna, mentre volantinavano per denunciare l’odiosa persecuzione in atto nel Paese Basco. Dopo un vergognoso processo furono estradati dalle autorità italiane e consegnati ai loro carcerieri, nonostante che ben 32 loro compagni e compagne avessero già denunciato di essere stati torturati durante e dopo l’arresto, metodo classico per estorcere alle vittime ‘confessioni’ sulle quali basare processi altrimenti privi di qualsiasi elemento di prova. Basta che si sia stati attivi in un coordinamento studentesco, in un centro sociale, in una campagna contro il lavoro precario per essere accusati di far parte di Segi o delle altre organizzazioni giovanili messe fuori legge a loro volta assimilate all’organizzazione armata clandestina ETA. Come a dire che se tutto ciò che si muove nella società a basca e ‘puzzi’ anche solo lontanamente di indipendentismo di sinistra è da considerarsi emanazione dell’ETA, allora fare politica alla luce del sole vuol dire essere dei terroristi.
Vedremo al termine di questo ennesimo processo farsa se la Spagna di Rajoy continuerà la sua guerra senza quartiere contro l’indipendentismo basco come se in questi anni nulla sia cambiato.
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