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Stati Uniti: la vergogna dell’ergastolo per crimini non-violenti

L’American Civil Liberties Union (ACLU), l’Unione Americana per le Libertà Civili, riporta in un suo studio un dato incredibile: nelle prigioni degli Stati Uniti ci sono 3278 detenuti condannati all’ergastolo nonostante siano stati riconosciuti colpevoli solo di crimini non-violenti. Parliamo di oltre 3000 ergastolani per reati che vanno dall’aver rubato benzina da un camion all’aver tentato di incassare un assegno falso, dall’aver partecipato allo spaccio di 10 $ di Marijuana all’aver rubato un giubbotto da 150 $ in un negozio. 

Per avere un’idea dell’enormità del dato, basti pensare che tale numero rappresenterebbe oltre il 5 % del totale dei detenuti italiani attuali. Questo studio dell’ACLU dà un’idea ancora più chiara di quanto il sistema carcerario statunitense sia disumano e fuori da ogni logica. È importante notare che il dato non include gli ergastoli de facto, ovvero le condanne tanto lunghe da non concedere alcuna speranza di sopravvivenza alla prigione. In tal caso il numero sarebbe anche superiore.
Nonostante il sistema carcerario USA sia fortemente razzista nel suo complesso, con neri e ispanici rispettivamente incarcerati a tassi di quasi 10 e 5 volte maggiori rispetto ai bianchi, la discriminazione razziale assume connotati ancora più netti quando si guarda a questo specifico dato statistico.
In stati come la Louisiana uno spaventoso 91% degli ergastolani per crimini non-violenti è afroamericano (i neri rappresentano circa il 12% della popolazione statunitense). Questo non sorprende dato che la Louisiana, con oltre 1600 detenuti ogni 100.000 abitanti, un tasso di incarcerazione 5 volte superiore a quello dell’Iran e 13 volte superiore a quello della Cina, guida la deplorevole classifica dei luoghi con la più alta incarcerazione pro-capite mai esisti in tutto il mondo.
Causa principe di questo sistema disumano sono i minimi federali introdotti principalmente dall’amministrazione Clinton (Partito Democratico) all’inizio degli anni ‘90. In particolare il cosiddetto “three strikes and you are out” che, parafrasando una delle regole base del baseball, impone sentenze minime alla terza violazione della legge. Una delle storie che si legge nello studio reso noto dall’ACLU dimostra tutti i limiti di questa politica di “tolleranza zero” verso il crimine. La storia è quella di un afroamericano che arrestato perché ubriaco viene incriminato per offesa a pubblico ufficiale. L’imputato viene inizialmente condannato al pagamento di una multa e a qualche giorno di servizi sociali. Ma dopo l’appello dell’accusa la sentenza si trasforma in 10 anni di galera, culminando poi con un ergastolo senza possibilità di appello in sede definitiva. Tutto a causa di due reati commessi dall’uomo oltre vent’anni prima che quindi fanno scattare l’applicazione dei “minimi federali”.
Lo studio mostra inoltre come il regime disumano del sistema carcerario USA abbia un impatto devastante anche per chi in prigione non ci andrà mai. Infatti l’ACLU stima che il governo federale statunitense potrebbe risparmiare oltre 1.2 miliardi di dollari se eliminasse la possibilità dell’ergastolo per reati non violenti. Soldi che potrebbero finanziare un potenziale sistema sanitario nazionale o ridurre il costo del sistema educativo e che invece, citando de André, vanno a gonfiare le tasche già gonfie di quelli che avevan rubato, ovvero la grande borghesia USA.

Studio dell’ACLU: https://www.aclu.org/files/assets/111813-lwop-complete-report.pdf

Link del video di Democracy now! http://www.democracynow.org/2013/11/15/jailed_for_life_for_stealing_a

Presentazione dello studio sulla pagina principale dell’ACLU: https://www.aclu.org/living-death-sentenced-die-behind-bars-what#topnav

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