Si parla del Marzo del 2011, quando l’organizzazione armata Eta da tempo aveva dichiarato un cessate il fuoco unilaterale. La magistratura spagnola ordinò l’ennesima retata nella provincia basca della Bizkaia e molti militanti e attivisti della sinistra indipendentista finirono arrestati e condotti nei commissariati della Guardia Civil.
Tra questi anche Beatriz Etxeberria: la donna, dopo i cinque giorni di ‘incomunicaciòn’, cioè di isolamento totale che la legge concede alle forze dell’ordine in caso di sospetti di ‘terrorismo’, denunciò di essere stata torturata e violentata dai poliziotti nella cella di un commissariato di Madrid. I media spagnoli, come sempre, si guardarono bene dal riprendere la denuncia della giovane basca. Da tempo, d’altronde, magistrati e politici hanno spiegato che “l’Eta ordina ai suoi, quando vengono catturati, di gridare alla tortura”; e quindi che denuncia gli abusi e le violenze, in base a questo fine ragionamento, confermano paradossalmente di appartenere all’organizzazione armata. Neanche nel Paese Basco ci fu particolare attenzione per quanto era avvenuto, a parte le formazioni di sinistra e delle organizzazioni per i diritti dei prigionieri e contro la repressione. Neanche alcuni dei partiti che pure sabato scorso hanno convocato la grande manifestazione di Bilbao si erano preoccupati molto di quanto denunciava Beatrix Etxeberria.
Ma il caso ora è arrivato fino al Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura (CPT) che l’ha inserito nella relazione relativa all’ispezione dei suoi membri nell’aprile del 2011. Secondo il CPT la denuncia della donna è “credibile e consistente”. Secondo il Comitato europeo molti degli arrestati dei primi sei mesi del 2011 furono torturati: alcuni di loro si videro applicata la ‘bolsa’ – una busta di plastica in testa per asfissiarli – oppure furono obbligati a fare esercizi fisici fino allo svenimento. Afferma poi la relazione a pagina 16: “Una terza persona ha ricevuto schiaffi e pugni durante il trasferimento a Madrid da parte della Guardia Civil, e nel corso del primo interrogatorio nel commissariato di via Guzman el Bueno la fecero spogliare, la avvolsero al suolo in una coperta e la colpirono ripetutamente. Poi ha raccontato che durante un altro interrogatorio, mentre aveva la busta di plastica in testa, le applicarono vasellina nella vagina e nell’ano e le introdussero un palo di legno nel retto, continuandola a minacciare di altri abusi sessuali se non avesse parlato. Disse che la mantennero nuda ogni volta che veniva interrogata (…), e dopo averla bagnata con acqua le attaccarono al corpo degli elettrodi minacciandola di torturarla con l’elettricità”. Aggiunge poi la relazione del CPT: “Gli abusi cessarono quando alla fine decise, l’ultimo giorno di isolamento in commissariato, di rendere una dichiarazione. Le denunce di maltrattamenti e di violenza sessuale furono registrate nella relazione del medico forense appena conslusa la incomunicaciòn”.
E’ lo stesso Comitato Europeo a spiegare perché le denuncia della donna sono credibili e perché è stata sottoposta a tortura: “stando alle informazioni raccolte, sembra che lo scopo dei maltrattamenti fosse quello di ottenere che la persona arrestata firmasse una dichiarazione (cioè una confessione) prima che si concludesse il periodo di incomunicaciòn”.
Il caso è ritornato alla ribalta perché la relazione del Cpt è stata pubblicata – con due anni di ritardo – insieme alle note di competenza del governo spagnolo. Curiosamente, nonostante le note spagnole riempiano 205 pagine contro le 102 totali della relazione del Cpt, nella parte di competenza di Madrid non c’è accenno alle denunce dei prigionieri baschi. Anzi, i funzionari spagnoli affermano che i prigionieri baschi – pardon, terroristi – sono stati trattati con i guanti bianchi e che le denunce rispondono alla propaganda dell’Eta che vuole mettere in cattiva luce le istituzioni di Madrid.
Il Cpt insiste chiedendo alle autorità spagnole di portare avanti “una indagine rigorosa e indipendente sui metodi utilizzati dagli ufficiali della Guardia Civil quando arrestano o interrogano dei prigionieri” e pretende “di ricevere entro tre mesi un rapporto dettagliato sulle azioni adottate per rendere effettive le sue raccomandazioni” ricordando che la Spagna si guarda bene, sistematicamente, dall’indagare denunce di tortura che pure lo stesso organo europeo di controllo ha segnalato a Madrid come credibili – come quelle di Mikel San Argimiro, Aritz Beristan e Martxelo Otamendi.
La Etxebarria non fu l’unica a subire torture durante la retata del marzo del 2011. Un altro degli arrestati, Daniel Pastor, finì in ospedale dopo l’arresto, ma ufficialmente a causa di ‘atti di autolesionismo’.
Naturalmente i collettivi baschi che si occupano della lotta contro la pratica della tortura in Euskal Herria – Tat e Behatokia – salutano con favore il fatto che il Cpt abbia raccolto una lora denuncia. Ma si chiedono quando alle parole seguiranno fatti concreti.
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