Il governo dell’Akp continua la sua guerra senza quartiere contro tutti gli organi dello stato impegnati nell’inchiesta contro il suo entourage politico ed economico. Nelle scorse settimane Erdogan e alcuni suoi ministri hanno ordinato la rimozione, la destituzione o il trasferimento ad altro incarico di ben 2000 tra capi della polizia, ufficiali e agenti. Ed ora il ‘sultano’ punta all’epurazione della magistratura.
Ieri pomeriggio i procuratori capo di Istanbul Fikret Secen, Cihan Kansiz, Ercan Safak e il vice-procuratore Ali Gungor sono stati trasferiti a nuovi incarichi dal Consiglio superiore dei giudici e pubblici ministeri. Le epurazioni di ieri seguono quelle di Zekeriya Oz e Muammer Akkas, i due pubblici ministeri di punta della maxi-inchiesta per tangenti e concessioni edilizie irregolari che ha travolto il 17 dicembre magnati delle costruzioni, personaggi politici di primo piano vicini al premier Erdogan e i figli di tre ministri costretti poi alle dimissioni.
Inoltre sempre ieri il nuovo ministro della Giustizia Bekir Bozdag ha dato il suo via libera alla richiesta del Consiglio (Hysk) di aprire un’indagine disciplinare nei confronti dei giudici che avevano dato il loro ok alle indagini che il mese scorso hanno portato alla maxiretata contro il partito di governo Akp. Secondo alcune indiscrezioni pubblicate dai giornali turchi i nuovi vertici delle forze dell’ordine di Istanbul, nominati recentemente dal ministro degli Interni, si sarebbero rifiutati di eseguire gli ordini di arresto presentate dai giudici al Dipartimento per la lotta al crimine organizzato.
Come se non bastasse, il governo ha presentato in parlamento una nuova legge sul controllo di internet che permetterà alle autorità di bloccare facilmente l’accesso a specifici siti e monitorare l’attività dei 34 milioni di cittadini turchi che usano il web. Una misura che si aggiunge alla stretta censura già in atto già su internet nel paese e che ha scatenato non solo la protesta delle opposizioni parlamentari ed extraparlamentari, ma anche della Tusiad, la Confindustria turca.
Secondo la proposta di legge voluta dal ministero della Famiglia e gli Affari sociali il governo potrà ordinare la chiusura di una pagina web senza l’ok previo della magistratura e il server che la ospita dovrà a oscurarla entro quattro ore. Inoltre le aziende che ospitano i siti web dovranno aderire a un nuovo organismo, “l’Unione dei provider”, sottoposto al controllo diretto del ministero delle Telecomunicazioni e quello dei Trasporti che terrà una banca dati delle pagine visitate da tutti gli utenti turchi negli ultimi due anni.
Il Partito della giustizia e dello sviluppo giustifica il giro di vite con la necessità di tutelare i minori e oscurare rapidamente pagine che incitano all’odio razziale, religioso o etnico oppure che violano la privacy dei cittadini, ma è evidente a tutti che il governo sta tentando di togliere di mezzo ogni voce critica nei suoi confronti, anche interna allo stesso establishment finora tollerato.
E’ soprattutto contro il suo ex alleato Fethullah Gulen, a capo della confraternita Hizmet e di un vasto impero commerciale e mediatico, oltre che contro l’opposizione nazionalista del Chp, che Erdogan si sta adoperando. In queste ore il primo ministro ha di nuovo attaccato frontalmente il religioso islamico divenuto suo rivale, affermando che questi ha creato un “impero della paura” e accusandolo di tradimento in combutta con potenze straniere non meglio precisate.
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