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Ucraina: si dimette il primo ministro

A poche ore dall’inizio della riunione straordinaria della Rada, il parlamento ucraino, prevista oggi il primo ministro Nikolai Azárov ha presentato le sue dimissioni al termine di una notte relativamente tranquilla e senza scontri significativi. «Per creare le opportunità ulteriori per un compromesso socio-politico, per il bene della nazione e per una fine pacifica del conflitto, ho preso la decisione personale di chiedere al presidente ucraino di accettare la mie dimissioni da premier», ha dichiarato Azarov in una nota.

Durante le ore notturne alcune centinaia di manifestanti filoccidentali e i reparti antisommossa hanno mantenuto le proprie posizioni nel centro della capitale, convertito da settimane in un complesso labirinto di barricate e casematte costruite dai gruppi più organizzati delle opposizioni che in buona parte si orientano verso l’estrema destra e che nei giorni scorsi avevano contestato gli sforzi da parte dei capi dei partiti antigovernativi parlamentari di intavolare una trattativa con Yanukovich.
Negoziati che hanno portato ieri ad un accordo di massima tra il presidente e i leader dei partiti Udar, Patria e Svoboda sulla deroga alle contestate leggi che restringono il diritto di manifestazione approvate dall’esecutivo alcuni giorni fa. In base all’accordo raggiunto le leggi che regolano l’esercizio delle libertà di riunione, manifestazione, espressione e organizzazione politica verranno interamente riscritte dai parlamentari sia del governo sia dell’opposizione “con l’obiettivo di farle corrispondere agli standard europei”. Poco importa che nell’Unione Europea da anni sia in corso un tremendo giro di vite che ha portato a un restringimento netto – vedasi l’esempio della Spagna ma non solo – del diritto di manifestazione. L’importante per i partiti della destra liberista e nazionalista ucraina è prospettare l’avvicinamento allo spazio europeo come una sorta di bengodi che risolverà tutti i problemi di una popolazione ucraina che, filo o antirussa poco importa, è da anni alle prese con corruzione e difficoltà economiche crescenti.
Una tattica che il presidente Yanukovich sembra aver compreso sfruttandola a proprio favore, nel tentativo di allontanare le opposizioni parlamentari dai gruppi neofascisti e ultranazionalisti sempre più attivi nelle piazze ucraine. In questo senso sabato aveva offerto a Arseni Yatseniuk, leader del partito ‘Patria’, la carica di primo ministro.
Yanukovich e i leader delle opposizioni parlamentari hanno anche parlato di una possibile riforma della Costituzione che porti a una limitazione dei poteri della presidenza in cambio di un rafforzamento di quelli del Parlamento.
I colloqui degli ultimi giorni hanno anche portato il governo a prendersi l’impegno – così ha informato la ministra della giustizia Yelena Lukash – di emanare una legge di amnistia che porti alla liberazione di tutti i manifestanti finora arrestati, a patto però che i dimostranti sloggino da tutte le sedi istituzionali finora occupate e vandalizzate. Proprio dalla sede del Ministero della Giustizia occupato durante la notte precedente da una gruppo di dimostranti era venuto il segnale che le frange più moderate della protesta stavano avendo la meglio su quelle più radicali. Quando la ministra Lukash aveva avvertito che se il ministero non fosse stato liberato avrebbe imposto la stato d’emergenza i leader delle opposizioni parlamentari si erano adoperati per far cessare l’occupazione, riuscendo a convincere i dimostranti, aderenti all’organizzazione ‘Causa comune’, a sloggiare. Ma nelle mani dei gruppi dell’opposizioni restano le sedi di circa dieci consigli regionali e di molti municipi. Si vedrà ora se l’opposizione ucraina mira ad un accordo vantaggioso o a destabilizzare il paese e gettarlo nell’abisso della guerra civile.

A Kiev il possibile accordo sembra preoccupare i rappresentanti dell’Unione Europea: ieri a Kiev è tornato per l’ennesima volta il Commissario all’Allargamento di Bruxelles, Štefan Füle, mentre oggi è previsto l’attivo di Catherine Ashton, Alto rappresentante della politica estera dell’Ue.

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