“La sanità pubblica non si vende, si difende”. Con questo slogan domenica scorsa, per l’ennesima volta e per la prima nel 2014, migliaia di persone sono scese in piazza nella capitale iberica per protestare contro la privatizzazione e la svendita dei principali ospedali della città e della provincia decise dal governo locale del Partito Popolare.
Nel luglio del 2013 il Tribunale Superiore di Giustizia di Madrid aveva sospeso il provvedimento di esternalizzazione dei servizi di sei ospedali e 27 ambulatori varato alcuni mesi prima dalla giunta della Comunità Autonoma di Madrid. Ma i sindacati della sanità, le associazioni dei pazienti e in difesa del servizio sanitario pubblico hanno deciso di continuare a chiedere il ritiro della contestata privatizzazione, e sono scesi in piazza, nonostante pioggia e freddo, per la quindicesima volta nel giro di un anno e mezzo.
Molti di coloro che domenica sono scesi in piazza nel centro di Madrid con il camice bianco non avrebbero forse mai sperato di ottenere una vittoria schiacciante come quella arrivata il giorno seguente: la rinuncia completa da parte del governo della Comunità di Madrid al piano su cui aveva puntato tutto giocandosi popolarità e reputazione. Per ora quindi l’Infanta Sofía, l’Infanta Cristina, l’Infanta Leonor e gli ospedali del Sudest, di Henares e del Tajo sono salvi (tagli permettendo).
La vittoria del movimento di lotta, capace di reggere lo scontro per parecchi mesi senza mai abbassare la guardia e riuscendo a unire insieme lavoratori e utenti – oltre che a riempire Madrid in alcuni casi con centinaia di migliaia di manifestanti – andando oltre le rivendicazioni specifiche e settoriali, è stata completa. Se il Presidente della giunta regionale di Madrid Ignacio González ha dovuto pubblicamente fare ammenda, il suo Assessore alla Sanità Javier Fernández-Lasquetty ha addirittura rassegnato le sue dimissioni, non senza prima tacciare di “irresponsabilità” i promotori della cosiddetta ‘marea bianca’.
Dal 2012, quando cioè González annunciò il varo del suo Piano per la sostenibilità del sistema sanitario pubblico (volto in realtà a svenderlo e privatizzarlo) la lotta dapprima spontanea si è organizzata, ha fatto ricorso a tutti gli strumenti a disposizione ed alla fine ha pagato.
Sarebbe impossibile in un solo articolo ricordare i vari passaggi della lunga battaglia: (vi rimandiamo alla lettura dei vari articoli pubblicati negli ultimi mesi da Contropiano): assemblee negli ospedali, scioperi, assemblee nei quartieri e in altri luoghi di lavoro, creazione di coordinamenti generali di difesa della sanità pubblica, occupazione dei nosocomi, cortei territoriali e poi regionali, organizzazione di un referendum popolare autogestito su vasta scala, dimissioni di decine di direttori dei centri sanitari, allargamento della lotta a tutto il paese.
Un primo importante risultato per la Marea Bianca di Madrid c’era già stato quando era riuscita a bloccare il piano di trasformazione privatistica dell’Ospedale La Princesa in un centro di assistenza agli anziani. I lavoratori del nosocomio furono i primi a sollevarsi contro il piano di privatizzazione attraverso un’ondata di occupazioni e assemblee permanenti. In quel caso Lasquetty fece un passo indietro, e di fronte alla determinazione di lavoratori e utenti dovette cedere, pensando di avere l’opportunità di vincere invece sul piano generale. Ma poi anche il processo di aggiudicazione dei sei ospedali a tre imprese private del settore – Sanitas, Ribera Salud e Hima San Pablo – venne paralizzata dal movimento di protesta, attraverso i ricorsi presentati alla magistratura. Fino alla paralisi totale del piano annunciata ieri dal Partito Popolare della Comunità di Madrid, anche se giunta dopo il licenziamento di migliaia di medici e impiegati del settore sanitario in tutto lo stato e la chiusura di due centri di salute mentale e di un istituto di cardiologia nella capitale iberica, e l’esternalizzazione dei servizi di pulizia e lavanderia.
Vittoria, quindi. Una vittoria importante, un’indicazione per tutti i movimenti sociali, i sindacati e le forze politiche che si battono per la rottura dell’Unione Europea e per il naufragio completo delle sue politiche di austerity in campo economico e autoritarie in campo sociale e politico.
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