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I guai di Finmeccanica visti dai lavoratori

Nell’atrio del teatro Ambra Jovinelli di Roma che ospita l’assemblea nazionale dei delegati dei sindacati di base, incontriamo un delegato Usb della Finmeccanica. Le vicende giudiziarie di questa industria strategica, una delel poche ad avere una quota del Ministero del tesoro tra gli azionisti, hanno preso il sopravvento nelle cronache, quelle nere e quelle che potremmo definire scandalose come il super buonuscita di 5,6 milioni di euro che il Presidente Guarguaglini ha incassato per togliersi di torno. Ma la caduta di credibilità di Finmeccanica – gioiello di casa nel settore difesa, spazio, tecnologie, ferrovie etc. – ha avuto anche ripercussioni economiche. Il valore delle azioni è crollato, l’Unione Europea preme affinché il governo Monti rinunci alla golden share sulla proprietà di Finmeccanica privatizzandola del tutto. Diverse società europee sembrano tentate di fare il colpaccio prendendosi il gioiello di famiglia se non a prezzi da saldo almeno a prezzi scontatissimi. E proprio in questa società che ha sempre macinato risultati, cominciano crisi aziendali preoccupanti come quella dell’Ansaldo Breda di Pistoia, Napoli, Reggio Calabria, e ristrutturazioni dolorose che prevedono – per ora – il trasferimento forzato di centinaia di lavoratori dagli stabilimenti del sud in quelli del nord. Abbiamo chiesto a un delegato della Usb – che preferisce restare anonimo – di raccontarci un po’ come la vedono e la sentono i lavoratori.

Come vengono valutati gli scandali che hanno visto protagonista il vertice aziendale di Finmeccanica?

La messa sotto accusa di Guarguaglini è la conferma che la contabilità di Finmeccanica non era affatto trasparente. Probabilmente con il cambio di governo da Berlusconi a Monti, Guarguaglini era diventato più vulnerabile

In che senso scusa?

Finmeccanica è estremamente appetibile per gli altri monopoli europei dell’industria militare e tecnologia avanzata. Tieni conto che la francese Thales è già presente con il 33% nel settore spazio e con il 67% nei servizi forniti dalla Telespazio di Finmeccanica.

Secondo te la Thales vorrebbe fare shopping in Italia come affermava un importante quotidiano due giorni fa?

Il settore Difesa di Finmeccanica, ha un portafoglio ordini che fa gola a Thales. Vedi che fine ha fatto il vecchio gruppo Alenia-Elsag. E’ stato prima spezzettato e poi assorbito da società estere inglesi e franco-tedesche (Marconi Systems e Mbda). Questa crisi di immagine e di valore azionario di Finmeccanica non può che suscitare appetiti.

Che cosa preoccupa i lavoratori?

Occorre sapere che i salari sono già bloccati da tempo e che c’è un fortissimo ricorso all’uso di contratti atipici per i nuovi lavoratori con punte del 30% in alcuni settori. L’arrivo di società straniere, comporta che quando le aziende ristrutturano, la prima cosa che fanno è che tagliano le produzioni simili. Per aumentare il margine operativo lordo (Mol) la prima cosa che fanno è tagliare i posti di lavoro. E’ quanto stiamo già vedendo in modo “soft” – passami il termine – con i lavoratori del gruppo Alenia ai quali vengono imposti i trasferimenti ad esempio da Pomigliano, Casoria, Nola a Torino o Varese. Ma questo sta avvenendo anche nel settore spazio.

Ma i sindacati che fanno?

Questo di Finmeccanica, in buona parte è un settore che per molto tempo è stato “aristocrazia salariale” . – molti sono tecnici o addirittura ingegneri – e dunque le contraddizioni venivano in qualche modo mitigate da una condizione specifica. La credibilità di Fiom-Fim-Uilm è fortemente compromessa e in alcuni casi – come la Uil – è di aperta collusione con la direzione aziendale. Gli altri sindacati tradizionali sono subalterni. Le decisioni della direzione di Finmeccanica non vengono contrastate con la dovuta energia e passano come un coltello nel burro. La Fiom, pur con contrasti interni, ha accettato l’accordo che prevede i trasferimenti in Alenia.

Mentre sistemavamo gli appunti di questa intervista, sono arrivati i dati del referendum tra i lavoratori del gruppo Alenia sull’accordo che prevede trasferimenti e dismissioni degli impianti nel Meridione. In Campania i lavoratori del gruppo che hanno accolto favorevolmente l’intesa siglata dall’azienda del gruppo Finmeccanica con i sindacati lo scorso 8 novembre prevalgono solo per 44 voti in più ai “no”. Ed anche l’affluenza di tute blu al voto negli stabilimenti campani è stata molto al di sotto delle attese. Per non parlare poi dei “no” che hanno seccamente prevalso nei siti industriali di Casoria, e di Nola. Tra i sindacati solo la Fiom napoletana, smentendo l’accordo siglato dalla propria segreteria nazionale, aveva chiesto ai lavoratori un voto negativo. I numeri del voto complessivo dunque negli stabilimenti di Casoria, Napoli Capodichino, Pomigliano, Nola parlano molto chiaro: gli addetti erano 4396, hanno votato in tutto 2.884 lavoratori, cioè il 66%%. I sì sono stati 1.436, i no 1.392. 55 invece le schede tra bianche e nulle.

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