Alla fine, almeno stando alle dichiarazioni ufficiali, è rottura tra Al Qaeda e una delle principali organizzazioni jihadiste impegnate in Siria nella guerra civile contro il governo di Bashar al Assad e recentemente anche contro i ribelli ‘moderati’.
In un comunicato emesso ieri il comando generale di Al Qaeda l’organizzazione afferma di “non aver nessun vincolo con l’Isis’, sigla dello Stato Islamico in Iraq e in Siria. “Non ci hanno informato della loro costituzione né sono sotto la nostra direzione né li sosteniamo” proclama il testo che impone poi all’organizzazione jihadista di porre fine alla sua attività in Siria e di concentrarsi esclusivamente sulla lotta contro il governo e le forze sciite dell’Iraq, paese in cui l’Isis viene riconosciuta come braccio locale di Al Qaeda. Invece in Siria l’organizzazione islamista accetta come unica emanazione il Fronte Al Nusra.
La notizia è stata diffusa e discussa in vari forum jihadisti su internet e rilanciata dal canale tv qatariota Al Jazeera.
La vera e propria ‘scomunica’ è arrivata al termine di mesi di frizioni e scontri tra l’Isis e Al Nusra, da tempo in competizione per essere riconosciuti dal comando generale di Al Qaeda e dal suo leader Ayman Al Zawahiri come l’unica rappresentante del network jihadista in Siria. L’Isis, attivo in Iraq almeno dal 2006, nell’aprile dello scorso anno ha deciso di sconfinare in Siria. Il suo leader, Abu Bakr al Bagdad, ha insistito con Al Nusra per fondere le due organizzazioni sotto il nome comune di Stato Islamico dell’Irak e del Levante ma dopo alcuni tentativi i conflitti tra le due organizzazioni hanno portato Al Zawahiri prima a chiedere un ripiegamento dell’Isis e ora addirittura il totale suo ritorno entro i confini dell’Irak.
Nel mirino del comando generale di Al Qaeda sono finiti soprattutto la disobbedienza del leader dell’Isis nei confronti degli ordini e metodi definiti troppo brutali adottati dalle sue milizie nelle zone occupate – fucilazioni di massa, torture, sequestri – che in molti casi hanno generato una reazione delle popolazioni locali nei confronti del network jihadista. Vedremo ora se l’Isis, per rimanere all’interno di Al Qaeda, accetterà di concentrare i suoi sforzi in Irak, in particolar nelle zone di Falluja e Ramadi dove è particolarmente forte. Secondo il Ministero degli Esteri di Baghdad l’Isis conta con almeno 12 mila combattenti sparsi nei due paesi confinanti. Molti di questi concentrati nella zona siriana di Raqqa, dove le milizie dello Stato Islamico dell’Iraq e della Siria hanno imposto un regime del terrore, come racconta un articolo pubblicato da Francesca Paci sul quotidiano La Stampa.
Volto coperto e guanti. La vita delle donne siriane nell’avamposto jihadista
FRANCESCA PACI – La Stampa
La città di Raqqa, nel nord-est della Siria, la zona in cui quasi sette mesi fa è stato rapito il gesuita padre Paolo Dall’Oglio, è da mesi il nero avamposto delle milizie jihadiste che hanno affiancato prima e poi surclassato i ribelli anti Assad della prima ora (tra loro il famigerato ISIS, Islamic State of Iraq and Syria). All’ingresso in città un grande striscione annuncia che da lì in poi vige la sharia, legge islamica, in osservanza alla quale, per esempio, le donne locali sono obbligate a coprirsi interamente (volto compreso e guanti), fumare in pubblico la shisha (la pipa ad acqua) è proibito così come ascoltare musica in automobile o nei negozi.
Le regole rigidissime sono state imposte dall’ISIS alcune settimane fa quando alle signore è stato anche intimato di non alzare la voce per la strada e di girare sempre accompagnate da un uomo. Tra gli altri precetti il divieto di esporre fotografie nelle vetrine dei negozi e l’ordine di abbassare tassativamente le saracinesche dieci minuti prima dell’inizio della preghiera.
L’ISIS combatte la sua personalissima battaglia nel nome dell’islam più radicale in maniera ormai completamente autonoma tanto dai ribelli filo occidentali (con cui si scontra continuamente) quanto da altri gruppi jihadisti. La Turchia, il cui confine è poco distante da Raqqa, ha ormai pressoché sigillato le frontiere per paura del contagio terroristico. E nelle ultime ore perfino i vertici di al Qaida hanno preso nuovamente le distanze dichiarando di non essere stati neppure informati della nascita dell’ISIS e di non condividerne la tattica («Non siamo soddisfatti dell’ISIS e abbiamo ordinato la cessazione delle sue azioni. L’Isis non è una filiale di al Qaida e non siamo responsabili per le sue azioni e comportamenti»).
Il radicalismo assunto come mezzo e come fine dello scontro con il regime di Damasco e il ricorso alla violenza barbara e gratuita sta talmente minando l’immagine dell’opposizione (oltre alla sua compattezza) da far osservare ad alcuni analisti la coincidenza d’interessi tra l’ISIS e Assad. Ma tant’è. I feroci combattenti di Abu Bakr al-Baghdadi tirano dritto per la loro strada sulla quale, rivela il quotidiano Ashrq al Awasat, hanno appena messo in campo due battaglioni femminili per effettuare perquisizioni e arresti ai check point evitando ogni forma di promiscuità. Le due unità, che si chiamano “Al-Khansaa” e “Umm al-Rayan” “assumono” solo donne di età compresa tra i 18 e i 25 anni e rigorosamente single. C’è anche un salario mensile, 25 mila lire siriane (circa 200 dollari), poca roba ma pur sempre qualcosa nella Siria dove il prezzo del pane è aumentato del 300%.
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