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Istanbul: proteste contro il bavaglio al web, la polizia carica

Vietato diffondere su internet notizie e informazioni contro il regime, vietato manifestare nelle strade. Ieri sera ad Istanbul nuova protesta di massa contro la legge, fatta approvare dall’Akp di Erdogan che imbavaglia la rete, e nuova repressione.

Per le 19 di ieri varie realtà sociali e politiche, e in particolare un coordinamento denominato ‘Piattaforma comune delle Pagine’ aveva promosso la seconda manifestazione contro il bavaglio ordinato dal regime contro internet che permette all’esecutivo di chiudere nell’arco massimo di 24 ore un qualsiasi sito web senza dover passare attraverso la magistratura, anch’essa del resto sottoposta alle mire centralizzatrici e autoritarie del primo ministro.(leggi: Turchia: Erdogan, disperato, imbavaglia internet e giudici)

Allo scadere dell’orario stabilito per il concentramento, un incredibile dispositivo della polizia in assetto antisommossa coadiuvato dai blindati e dagli idranti si è avventato sui manifestanti assiepati tra Piazza Taksim e l’inizio di Via Istiklal. Si è ripetuta una scena ormai ‘tradizionale’ nel centro della metropoli sul Bosforo: gas lacrimogeni, spray urticanti, getti d’acqua a pressione, blindati e agenti con scudo e manganello a caccia di manifestanti che hanno resistito finché hanno potuto gridando slogan contro la censura e la repressione. Alcuni dimostranti hanno anche lanciato pietre e petardi contro i cordoni di polizia, tentando di ostacolarne le ripetute cariche e dopo che gli scontri si erano estesi alle vie adiacenti è comparsa anche qualche barricata.

Scrive Luca Tincalla, presente alla manifestazione, sul blog http://abbattoimuri.wordpress.com:

“C’erano almeno 5000 persone insieme con me, forse di più. Camminando da Tunel a Taksim, lungo Istiklal Caddesi, già dalle 18 era un viavai di Toma (di blindati). Alle 18.40 ho raggiunto Burger King e mi sono appollaiato sulla terrazza, la piazza è stata sgombrata dalla polizia verso le 19 – ora prevista per l’inizio della manifestazione – al canto del muezzin. Sono sceso per vedere se mi riusciva di arrivare su Istiklal, non ci sono riuscito, un cordone di polizia impediva l’accesso. Sono tornato sulla terrazza. Ho visto i manifestanti indietreggiare a colpi di gas lacrimogeno. Qualcuno ci ha avvisato che da lì a poco la polizia sarebbe salita. Sono sceso in una piazza cosparsa di gas al peperoncino. Non riuscivo a respirare bene dentro il foulard; ma c’era una ragazza che non aveva nulla, l’ho presa sottobraccio e abbiamo respirato insieme sotto la stessa sciarpa fino a quando lei non ha preso la metro. Io sono tornato indietro, ne volevo ancora. Sono andato così all’ospedale tedesco (Alman Hastanesi) poiché su twitter avevo letto che c’erano degli scontri. E infatti li ho trovati. Non solo. Un proiettile di gomma è passato a pochi metri da me: è stato sparato a 90 gradi dal terreno, sono sicuro. E poi fuochi d’artificio, gas lacrimogeni, barricate in fiamme”.

Non cala la pressione del regime neanche verso i mezzi di informazione ‘classici’. Venerdì il giornalista e blogger di origine azera Mahir Zeynalov, che lavora per il quotidiano turco Zaman, è stato espulso dalla Turchia perché aveva osato criticare il governo su un social network. Gli è andata anche bene, paradossalmente, visto che centinaia di suoi colleghi giornalisti, blogger e fotoreporter sono finiti in galera per accuse simili.

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