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Giornalista ucciso mentre Kabul omaggia Fahim

Un giornalista straniero è stato assassinato stamane a Kabul in un’area non distante dal ristorante libanese che settimane addietro aveva subìto un violento attacco talebano terminato con l’uccisione di 21 persone, fuori e dentro il locale.
Il giornalista si chiamava Nils Horner, corrispondente della radio nazionale svedese, ed era giunto da tre giorni a Kabul. E’ stato colpito da due uomini, ora ricercati.
L’omicidio potrebbe essere un chiaro ammonimento rivolto ai media e alle forze esterne al Paese che stanno concentrando l’attenzione sulle elezioni presidenziali del prossimo 5 aprile. L’attentato non è stato rivendicato, l’ultimo comunicato talebano (di ieri) ribadiva solo il boicottaggio elettorale.  La recente scomparsa del vicepresidente afghano Mohammad Fahim, dovuta a infarto sebbene il leader del partito Jamiat-e-Islami fosse afflitto da tempo da diabete, pone le istituzioni di fronte a non pochi problemi in una fase particolarmente delicata. Secondo quanto previsto dall’articolo 68 della Costituzione è il presidente in carica (tuttora Karzai) a dover riferire all’Assemblea Nazionale il nome d’un sostituto. Trovarne uno di spessore è già un’impresa, trovarlo coi tratti di Fahim è ancora più complesso. L’altro signore della guerra imbarcato nella presidenza (Khalili) per la sua origine hazara non può fare da trait d’union con la vasta, potente e variegata etnìa pashtun né con l’Islam fondamentalista. E poi è poco accreditato a Occidente.

Per l’attuale momento vissuto dal Paese e da Hamid, che traghetta se stesso fuori ma non oltre i ruoli ufficiali, l’operazione diventa complicata quanto se non più del Bilateral Security Agreement che lui s’è rifiutato di firmare. Fahim, nonostante le indelebili crudeltà pregresse, rappresentava un politico rodato e dialogante fra attori che, pur nella competizione elettorale, dovranno confrontarsi per stabilire un’azione dentro e fuori la Loya Jirga. La sua familiarità con l’intransigente tradizionalismo islamico tuttora rappresentato dal duro e astuto Hekmatyar e i rapporti decennali coi rappresentanti della Nato, che praticano un’occupazione del Paese, sarebbero risultati utilissimi per concordare al meglio i passi della  strategia del ritiro delle truppe Isaf di terra e del mantenimento delle basi aeree. Questioni che sopravvivono a Fahim senza più Fahim finito in una bara all’ospedale militare della capitale. La cerimonia funebre ufficiale è in corso nel Palazzo presidenziale. Seguirà l’inumazione a Deh Kepak Hill, mentre una buona parte della città vive un amplissimo stato d’assedio per evitare qualsiasi incidente che evidenzierebbe la capacità d’infiltrazione (peraltro più volte provata) da parte di componenti insorgenti. 

articolo pubblicato su    http://enricocampofreda.blogspot.it

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