Le fazioni più oltranziste dell’opposizione continuano a cercare, dopo un mese dall’inizio delle violente proteste che hanno già causato 24 morti, di destabilizzare il governo bolivariano.
Ma da alcuni giorni la loro strategia sembra essere in parte cambiata: ormai i casi di omicidi di attivisti e dirigenti delle organizzazioni politiche di sinistra sono numerosi, e dalla rivolta caotica di piazza sembra si stia passando all’uso dei sicari e dei cecchini contro i manifestanti pro-governativi e anche contro gli stessi simpatizzanti delle organizzazioni di destra. Per convincere l’opinione pubblica internazionale che in Venezuela c’è un bagno di sangue provocato dal governo occorre che il numero dei morti salga, e di parecchio.
A mercoledì risalgono le ultime vittime di un tentativo di spallata al governo che si rivela sempre più una trama golpista e sempre meno la manifestazione di un malessere sociale che è in buona parte è la stessa oligarchia, privata di una parte dei propri privilegi economici e politici, a provocare. Finora sarebbero state circa 1300 le persone fermate dalle forze di sicurezza, ma di queste solo una novantina sarebbero state arrestate.
Tre persone sono morte e nove sono rimaste ferite (tre poliziotti e sei civili) nei violentissimi scontri verificatisi nello stato del Carabobo, in particolare nella città di Valencia. Come già in passato una delle vittime è un poliziotto, un capitano della Guardia Nazionale Bolivariana, raggiunto insieme a un collega da un colpo d’arma da fuoco sparato da una squadraccia di “guarimberos” (sottoproletari sul libro paga dell’oligarchia) mentre tentava di rimuovere una barricata che bloccava l’Autostrada Orientale.
Le autorità hanno poi riferito dell’uccisione di uno studente della locale facoltà di Ingegneria da parte di un cecchino mentre partecipava ad una protesta contro il governo di Nicolas Maduro. Secondo la destra il ragazzo sarebbe stato ucciso dai colpi sparati da un gruppo di militanti chavisti, ma le forze di sicurezza hanno denunciato la presenza in zona di cecchini appostati sui palazzi, avvertendo i manifestanti della pericolosità di alcune zone della città.
L’ultima vittima è un uomo di 42 anni, raggiunto da un colpo d’arma da fuoco mentre dipingeva la facciata della sua modesta abitazione, a Valencia. A sparare una banda a bordo di moto. Poco prima alcune centinaia di persone erano scese in piazza contro il governo accusandolo di provocare la penuria dei beni di prima necessità, provocata in realtà da una scientifica opera di speculazione e accaparramento portata avanti da alcuni settori della borghesia venezuelana proprio per provocare scontento e giustificare l’ondata di proteste violente in corso ormai da un mese.
Sabato scorso a morire era stata una donna, Giselle Rubilar, nella città di Merida. Anche in quel caso la vittima – di origine cilena – era andata, in compagnia di alcune attiviste pro-governative, a sgomberare i resti di alcune barricate piazzate su una strada dalle bande di “guarimberos”. Ma proprio quando Giselle, conosciuta per la sua militanza nelle organizzazioni di sinistra tanto in patria quanto nel paese dove viveva da anni, stava terminando di ripulire le macerie nella zona in cui viveva un gruppo di uomini incappucciati l’ha aggredita sparandogli un colpo di pistola alla testa. Nell’aggressione sono rimaste ferite anche altre due persone.
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