Mai elezioni amministrative sono state tanto importanti in Turchia negli ultimi decenni. Il voto di domani si annuncia come un vero e proprio referendum sul premier Recep Tayyip Erdogan e sul suo gruppo di potere all’interno del partito Akp, travolto da accuse di corruzione e in crisi verticale di popolarità dopo i veri e propri moti popolari contro il governo dell’estate scorsa riaccesisi poche settimane fa, quando milioni di persone sono scese di nuovo in piazza alla notizia della morte del giovanissimo Berkin Elvan, un quindicenne ucciso da un lacrimogeno sparato ad altezza d’uomo dalla polizia nel giugno del 2013.
Domani più di 50 milioni di cittadini e cittadine turche sono chiamati a rinnovare i consigli comunali e provinciali in tutto il Paese. Saranno a Istanbul, Ankara e Smirne le sfide chiave e che incideranno in maniera più netta sulle sorti politiche del primo ministro.
In un quadro di estrema tensione, una considerevole parte dell’elettorato sembra essere arrivata confusa alla vigilia del voto. La maggior parte dei sondaggi nei giorni scorsi davano la quota degli indecisi tra il 15 e il 20% del campione totale. E quindi l’esito del voto, soprattutto a Istanbul, non è affatto scontato. Il premier Erdogan considererebbe una vittoria il superamento del 38,8% dei consensi, la percentuale raccolta dal suo partito alle amministrative del 2009 quando il suo Akp ebbe comunque un tracollo rispetto alla media dei voti raccolti negli ultimi anni. Ma secondo gli istituti di ricerca il recente scandalo corruzione e il blocco di Twitter e di Youtube e poi la rivelazione di un complotto di governo ed esercito contro la Siria per distogliere l’opinione pubblica dagli scandali potrebbero costare al Partito della giustizia e dello sviluppo più del 10% dei voti a livello nazionale.
Discordanti le stime dei maggiori istituti di ricerca turchi. Per Sonar, l’Akp sarebbe avanti ad Ankara ma anche a Istanbul, dove il vantaggio del sindaco uscente Kadir Topbas sarebbe, però, sceso, dal 10 al 5% sul suo sfidante Mustafa Sarigul a capo di una coalizione di centrosinistra-nazionalista. Secondo Metropoll, nella capitale, i due principali candidati sono molto vicini, mentre la ricerca dell’istituto Konsensus, per l’emittente pro-governativa HaberTurk, evidenzia come Mansur Yavas sostenuto del principale movimento d’opposizione, il Partito repubblicano del popolo (Chp), sarebbe persino avanti di due punti.
Tutti d’accordo invece sulla vittoria del Chp a Smirne, storica roccaforte repubblicana e baluardo del kemalismo. Qui l’attuale primo cittadino Ali Kocaoglu è, secondo tutti i sondaggi, saldamente in testa con oltre il 14% di vantaggio rispetto a Binali Yildirim che corre per l’Akp. L’ex-ministro delle infrastrutture costretto alle dimissioni, perché coinvolto nel recente scandalo corruzione che ha travolto il governo il 17 dicembre, secondo gli analisti turchi, sarebbe un candidato troppo debole per riuscire a spuntarla.
Intanto la decisione di Erdogan di condizionare la campagna elettorale e di mettere a tacere gli scandali che lo coinvolgono direttamente bloccando i social network e poi anche Youtube ha causato una forte reazione da parte di intellettuali e scrittori. Tra questi anche il Nobel per la Letteratura turco Orhan Pamuk, secondo il quale la situazione in Turchia “va di male in peggio” e il blocco di YouTube, dopo quello di Twitter, suscita “grande preoccupazione” per la libertà di espressione nel Paese. Pamuk ricorda che non è la prima volta che nel suo Paese viene bloccato YouTube: accadde anche nel 2008, dice, “tempi altrettanto duri per la libertà di stampa. Ma all’epoca almeno c’era speranza per il futuro. La situazione adesso sta andando da male in peggio, direi che sta divenendo terribile”.
Promossa da PEN International, un’associazione e organizzazione non governativa di scrittori, la lettera denuncia contro la censura in Turchia continua a raccogliere firme illustri: tra i firmatari anche Salman Rushdie, Margaret Atwood e Karl Ove Knausgaard.
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