Avrà pure vinto le elezioni amministrative di poche settimane fa – grazie anche a massicci brogli, è l’accusa delle opposizioni – ma il premier turco Recep Tayyip Erdogan continua a subire bordate da ogni direzione e l’attacco nei suoi confronti da parte di un pezzo di establishment che non gradisce l’accentramento del potere nelle mani del ‘sultano’ non sembra rallentare.
In pochi giorni diverse sono state le brutte notizie per l’Akp e il suo leader. L’ultima risale a poche ore fa, coinvolgendo la figlia del primo ministro, Surreyya, a capo della ong Kadem, che si occupa teoricamente di diritti e tutela delle donne.
Secondo il quotidiano di opposizione Sozcu, Kadem nel 2014 avrebbe ricevuto la bellezza di quasi due milioni di fondi europei. In particolare, 135mila euro sarebbero andati per progetti fra Turchia ed Europa non meglio specificati, 400mila euro per progetti che favoriscano il ruolo delle donne in politica e nel mondo del lavoro. Un altro milione di dollari sarebbe andato a progetti di sostegno alle donne in carcere e altri 150mila destinati a vaghi programmi di soluzione dei “problemi delle donne”.
Quando la notizia ha cominciato a girare l’ong guidata dalla figlia del premier ha reagito in maniera molto dura, affermando che le cifre diffuse sono false e che si tratta di un altro tassello della ‘campagna denigratoria’ contro la famiglia Erdogan. Ma solo pochi mesi fa Bilal, il fratello maggiore di Surreyya era finito nel mirino delle polemiche perché la sua ong, che si occupa di “servizi agli studenti”, aveva ricevuto donazioni, alcune delle quali indebite, per la incredibile cifra di 100 milioni di dollari.
Pochi giorni fa, alla vigilia del fine settimana, è stata la Corte Costituzionale di Ankara a sparare un siluro contro il governo, bocciando alcuni dei più importanti articolo di una legge approvata a febbraio che consente all’esecutivo di controllare il sistema giudiziario del paese attraverso il Csm turco, l’Hsyk, provvedimento approvato in fretta e guria dalla sola maggioranza parlamentare dell’Akp dopo che alcuni magistrati avevano aperto delle inchieste per corruzione e malversazione contro esponenti del partito liberal-islamista, funzionari statali e imprenditori. Appena dopo l’adozione della legge, il ministro della Giustizia Bekir Bozdag aveva nominato alcuni nuovi membri del Hsyk, garantendo così una maggioranza pro-governativa all’interno dell’organo di governo dei giudici. Ora però la Corte Suprema ha infatti dichiarato incostituzionali le parti del provvedimento che consentono al ministro della Giustizia il potere di nominare i membri del Hsyk, e l’ultima parola su nomine dei magistrati e procedure disciplinari. Bocciato il piano ‘a’, il governo potrebbe mirare a ridurre i poteri dell’Hsyk per evitare di concedere troppo spazio a quella parte della magistratura che si oppone allo strapotere di Erdogan.
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