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Kurdistan turco, il passo dell’autonomia energetica

Mentre Heval Kewstani, membro del parlamento regionale del Kurdistan, propone la candidatura di Abdullah Öcalan per il Nobel della pace (il Comitato per il prestigioso premio lo inserisce fra le 278 candidature, ma viene poi smentito dalla Fondazione per il Nobel che preferisce glissare), gli amministratori delle province kurde di Hakkari e Şırnak, più il co-direttore del Partito della Pace e della Democrazia Çelik lanciano la proposta d’un piano di utilizzo del 20-25% delle risorse energetiche locali. Si tratta di entrate provenienti dall’estrazione di petrolio, rame, cromo presenti nel sottosuolo del sud-est turco. L’iniziativa può diventare un passo concreto per sbloccare il centralismo dello Stato e rimpolpare le casse delle municipalità dove vive una foltissima comunità kurda che esprime uno schiacciante consenso politico. Nelle recenti amministrative il Bdp ha ottenuto il 63,48 ad Hakkari e il 60,75% Şırnak. Lo stesso dovrebbe valere per le risorse idroelettriche derivate dalla creazione di dighe che compiono uno stravolgimento del territorio lungo la valle del Tigri, in un’area vastissima a sud delle città di Diyarbakır, Bismil, Batman,  senza restituire agli abitanti di quelle terre entrate e servizi.

Il neo eletto sindaco di Diyarbakır Gültan Kışanak (57,18% i consensi) e il co-segretario del Bdp Demirtaş hanno ribadito come i finanziamenti risultano vitali nel processo di autonomia e autodeterminazione dell’intero territorio abitato dai 15 milioni di kurdi di Turchia. Il ministro turco delle Risorse Naturali Taner Yıldız ha alzato la guardia, sostenendo che tale possibilità non è contemplata fra le ipotesi su cui si misura l’Esecutivo rispetto alla questione dell’autonomia perché le risorse energetiche sono controllate dallo Stato. Esso può stabilire rapporti di collaborazione con soggetti privati, ma non può permettere che si crei al proprio interno un altro Stato. La Kışanak però non molla e incalza. In un’intervista rilasciata all’edizione turca di Al-Jazeera chiede espressamente: “Quanto petrolio c’è nel sottosuolo di Diyarbakır? a quanto ammonta la produzione? che via prende la merce? In passato la regione pagava un alto costo che coinvolgeva l’ambiente, stiamo indagando su questo versante. Esiste il serio pericolo che l’estrazione d’idrocarburi causi inquinamento delle acque. Il petrolio è una merce pregiata dell’economia, ma i vantaggi vanno alle aree occidentali”.

All’incirca l’85% dell’estrazione energetica turca proviene dal sud-est, fonti ministeriali sottolineano che gli investimenti in questa zona s’aggirano attorno ai 470 milioni di dollari, occupano almeno tremila addetti e non compiono discriminazioni nei confronti degli abitanti kurdi. A commento dell’intervista rilasciata dal neo sindaco di Diyarbakır alcuni analisti affermano come lei punti a sostenere il modello amministrativo presente nelle province nord irachene, dove la locale comunità kurda, in base a quanto sancito dalla Costituzione, riceve il 17% dei fondi federali. In sostanza si tratta di una posizione ancor più incisiva rispetto al quadro di autonomia dibattuto dallo stesso Öcalan, un vero strumento per rafforzare ulteriormente le municipalità negli affari regionali e trasferire questa forza sul piano politico.  

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