“L’operazione anti-terrorismo è stata sospesa per il periodo di Pasqua e non useremo la forza”, aveva annunciato ieri il ministro degli Esteri ucraino, Andriy Deshchytsia, nel corso di un’intervista concessa alla BBC. Ma le sue parole sono state subito smentite dai fatti.
Non era durata granché la tregua proclamata nell’ambito della risoluzione adottata a Ginevra da Usa, Ue, Russia e governo ucraino. E non è durata neanche quella ‘concessa’ dall’esecutivo ultranazionalista di Kiev per la Pasqua. Sono state di nuovo le forze fedeli alle autorità golpiste a romperla.
Secondo notizie diffuse dai media russi e ancora non confermate del tutto durante la notte un gruppo di uomini armati di cui non è chiara l’identità avrebbero attaccato un checkpoint nei pressi della città di Slaviansk presidiato da operai del Donbass aderenti alle milizie popolari della regione separatista.
Nel conflitto a fuoco sarebbero rimasti uccisi tre miliziani intenti a difendere la barricata ma anche due degli aggressori. Quattro i feriti, di cui uno in gravi condizioni.
Alla fine le milizie di autodifesa avrebbero messo in fuga gli aggressori e avrebbero sequestrato loro due veicoli, trovando a bordo materiale degli estremisti di destra di Pravyi Sektor, armi ed equipaggiamenti non in dotazione alle truppe regolari. Ma anche esplosivi, dispositivi per la visione notturna e mappe della zona realizzate dall’alto, il che lascia pensare alla partecipazione anche di mercenari statunitensi.
Nei giorni scorsi alcuni abitanti della zona avrebbero trovato nei pressi di Slaviansk un nascondiglio usato dagli estremisti di Settore Destro con all’interno due chili di esplosivo, due pistole, radiotrasmittenti e altre attrezzature.
Da parte sue il ministro degli Interni ucraino Arsén Avákov ha informato che tre persone sono state arrestate con l’accusa di aver trafugato alcuni fucili durante l’occupazione da parte delle milizie russofone della sede dei Servizi di Sicurezza a Lugansk, sempre nell’est del paese. Un altro attivista “federalista” sarebbe stato arrestato a Kharkov dalla polizia e trasferito nella capitale per essere interrogato.
La rottura della tregua da parte delle forze fedeli alla giunta di Kiev potrebbe di nuovo incendiare la situazione che nelle ultime ore era rimasta relativamente calma anche se le milizie popolari costituitesi nelle scorse settimane nelle regioni russofone dell’Ucraina continuano ad occupare edifici governativi e caserme e si sono dette contrarie a sgomberarle e a consegnare le armi come previsto dagli accordi di Ginevra. D’altra parte il governo ucraino non ha nessuna intenzione di sciogliere i gruppi armati irregolari costituiti dai miliziani di estrema destra di Pravyi Sektor, di Svoboda e del gruppo denominato C-14 che continuano le proprie scorribande sia a Kiev – dove Piazza dell’Indipendenza rimane occupata dai neonazisti – sia in altri territori del paese.
Le autorità parallele delle regioni russofone hanno dichiarato che non smobiliteranno finché a Kiev non sarà ristabilita la legalità, la giunta golpista non si dimetterà e non sarà permesso alle popolazioni delle regioni dell’est e del sud di tenere i referendum convocati per l’11 maggio allo scopo di aumentare la propria autonomia e che potrebbero trasformarsi in un plebiscito per l’indipendenza in caso di scontro frontale.
Almeno otto città, tra cui Donetsk e Sloviansk, sono occupate e controllate dalle milizie armate formate da operai e cittadini oltre che da ex effettivi dell’esercito, della polizia e delle forze speciali di Kiev passati con le autorità indipendentiste. A Kharkov la situazione viene giudicata dagli osservatori dell’Osce “relativamente calma” anche se oggi in una delle maggiori città dell’oriente ucraino sono previste due manifestazioni di segno contrario. E gli stessi osservatori dell’Osce hanno dichiarato che non c’è traccia della presenza di truppe russe all’interno del territorio della Regione di Donetsk nonostante le continue dichiarazioni di segno opposte del governo di Kiev.
Ci si è messo anche il patriarca di Kiev Filaret a gettare benzina sul fuoco, dichiarando nell’ambito del messaggio pasquale che “Il Paese che ci aveva garantito l’integrità territorale (la Russia, ndr) ha perpetrato una aggressione. Dio non può essere dalla parte del male, è per questo che il nemico del popolo ucraino è condannato all fallimento”.
“Oggi dobbiamo pregare per il popolo russo che vive in Ucraina, perché il Signore porti la pace sulla terra ucraina e ponga fine ai disegni di coloro che vogliono distruggere la Santa Russia” gli ha risposto il patriarca ortodosso di Mosca Kirill.
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