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Afghanistan, conta e prime polemiche sul voto

S’avvicina la presunta data della prima ipotetica conta elettorale (24 aprile) e le lamentele dei potenziali presidenti iniziano a inseguirsi. A dare il “la” Ashraf Ghani che sul tema ha convocato una conferenza stampa. In essa l’ex ministro delle finanze, pur col garbo della diplomazia acquisita nelle sue frequentazioni internazionali, ha accusato a Commissione Elettorale Indipendente di confondere i concittadini nel presentare le percentuali di voto e le preferenze scaturite. Queste in un aggiornamento lo vedono staccato di undici lunghezze (33.2%) dall’avversario Abdullah, ora accreditato del 44.4%, mentre resta lontano Rassoul col 10.4%. Ghani tiene a puntualizzare che secondo le norme vigenti tutti quei voti dovranno essere ricontrollati perché potranno risultare anche viziati da piccole e grandi inesattezze. Infatti, come confermano le stesse notizie provenienti dalla Commissione, solo il 5.87% delle schede sono state annullate per palesi irregolarità, il resto è passato automaticamente alla fase successiva che, appunto, scandaglia con maggiore attenzione. Secondo Ghani sarebbe prematuro divulgare l’idea d’un vantaggio. Dalla Commissione gli fanno notare che le procedure verranno applicate rigorosamente, che la divulgazione e la trasparenza sono obiettivi primari e che si dovrà procedere all’attribuzione di voti e percentuali se nessun candidato ha raggiunto la maggioranza assoluta.

 

E’ quasi certo che si profila un ballottaggio fra Abdullah e lo stesso Ghani, ma quest’ultimo spererebbe in un minor distacco. Sulla pulizia e la chiarezza delle schede, e sulla decisione d’annullare espressioni plurime le polemiche avranno lunghi strascichi, com’è già accaduto in passato. Un esempio di contrasto è già in corso e ne ha parlato Tolo tv. Riguarda 120.000 schede dubbie e non conteggiate dalle commissioni provinciali che però la Commissione Indipendente potrebbe riconsiderare valide. I seggi di provenienza di questi voti erano collocati nelle aree di Herat, Balkh, Badakhshan, Panisher, Khost, Paktika e Bamiyan. Molti di essi più che di scarsa precisione erano tacciati di prassi illegale. Infatti l’espressione del voto era avvenuta fuori tempo massimo quando il seggio aveva chiuso, ottenuta con la compiacenza degli scrutatori o imposta tramite forzature e minacce. Una pratica non nuova che comunque ha dato vita a ricorsi. Nella coda di polemiche rientra anche la scelta di dedicare un solo giorno all’elezione, durante il quale persone anziane avevano viaggiato per ore e distanze chilometriche non indifferenti. Costoro, pur giunti in ritardo ma sfidando le minacce talebane rivolte all’elettorato, hanno voluto esprimere la preferenza a ogni costo. Altre denunce provengono dagli osservatori internazionali in tanti casi ostacolati o semplicemente inascoltati negli inviti a far rispettare il metodo. Tutto ciò la Commissione Indipendente lo sa e lo sottoscrive pure, però per evitare il blocco d’una scadenza che ha risvolti geopolitici va avanti. 

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