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Nour, l’uomo-immagine del presidente

Dodici milioni di sterline egiziane spese per la campagna elettorale (1.700.000 dollari) è il conticino che Al-Sisi lascia in eredità per la campagna presidenziale con un programma talmente articolato – spiega Tareq Nour, coordinatore generale del suo team di propaganda – che ci vorrà un anno per farlo comprendere e divulgarlo a dovere fra la gente. Che comunque lo voterà, diciamo così, a urna chiusa in base alle prerogative del patriottismo securitario sbandierato e ribadito. Dall’alto della propria esperienza Nour, che è una vera luce per questo genere di promozioni pubblicitarie e proprietario d’una grande agenzia di comunicazione, ha direzionato il denaro su investimenti utilissimi allo scopo: il sempre vincente battage radio-televisivo per il quale è andata la metà della cifra e l’altra metà per conferenze stampa e incontri coi media. Tareq non ha difficoltà a rivelare che, presentandosi come promotore di Al Sisi, ha ricevuto sensibili sconti dalle strutture che s’occupavano di location e servizi. Il recente regolamento sulle presidenziali ha posto un tetto di spesa di 20 milioni di lire-sterline per ciascun candidato, nel 2012 la cifra massima era 10 milioni. In caso di ballottaggio la spesa consentita ammonterà a 5 milioni.

Nour sottolinea come un budget simile sia una miseria per una campagna elettorale in un Paese moderno come l’Egitto punta a essere, sebbene per un candidato qual è l’ex ministro della Difesa la forza primaria sia nella popolarità e nel seguito raccolti col copioso sostegno del Fronte di Salvezza Nazionale (quello di ElBaradei, Sabbahi e dei Tamarrod). Le elezioni costituiscono, dunque, un passo formale per dare ufficialità democratica al cambio di regime richiesto dalla piazza laica e suggellato coi massacri dello scorso agosto, le recenti condanne capitali di massa agli oppositori politici, le continue persecuzioni alla stampa non asservita. Ovviamente tutto ciò non è ricordato dall’uomo-immagine del futuro presidente che lancia un flash di dietrologia politica sostenendo come i fuorilegge della Fratellanza appoggerebbero l’avversario di Al-Sisi,  Sabbahi. Un’illazione improbabile vista la concordanza fra i due candidati nel reprimere quello che considerano un nemico e un male da estirpare nel Paese: l’Islam politico nelle sue forme organizzate. Considerazione che il leader post nasseriano fa pubblicamente propria. Del resto ciò che resta della Brotherhood continua a negare ogni legittimità a tutto ciò che è accaduto in Egitto dal 3 luglio 2013, nuove presidenziali comprese.

 

Per la campagna elettorale Sabbahi ha assunto un basso profilo: solo volontari e nessuna agenzia pubblicitaria. I maligni affermano che qualsiasi investimento sarebbe denaro perso, visto l’esito già scritto delle consultazioni. Ma il suo portavoce, Hossam Moenes, nobilizza la scelta, motivandola del virtuoso fine del risparmio e accusa le agenzie pubblicitarie – e Nour medesimo – di speculare sull’evento. L’uomo-immagine del presidente-soldato non raccoglie. Già gusta il trionfo dell’uomo forte che raddrizzerà le sorti nazionali perché è sostenuto, rivela, soprattutto dalle donne che hanno già mostrato di apprezzarlo partecipando numerose al referendum sulla nuova Carta Costituzionale. Le donne che amano il suo coraggio. Così dice mister look.

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