“Oggi pensiamo che la sicurezza del paese sia stata raggiunta” ha rivendicato il ministro della Difesa francese Jean-Yves Le Drian durante la tappa ivoriana della sua visita in Africa occidentale, dal Senegal alla Mauritania. A tre anni dall’inizio di uno scontro politico tramutatosi in una guerra civile costata conclusasi con almeno 3000 vittime, la Costa d’Avorio ora è relativamente stabile anche se alcuni attacchi sporadici vengono ancora segnalati al confine con la Liberia.
Ma il ritorno di una relativa sicurezza nel paese non si tramuterà in un ridimensionamento della presenza militare di Parigi nella sua ex colonia. Ad Abidjan il ministro Le Drian ha infatti annunciato la trasformazione, dal prossimo gennaio, in “base militare operativa avanzata” della forza militare francese Licorne, dispiegata in Costa d’Avorio ormai dal 1992. La ‘missione’ sarà chiamata Forze francesi in Costa d’Avorio (Ffci) ed è anche previsto che gli effettivi aumentino nei prossimi anni. Lo stato maggiore delle Forze armate francesi intende infatti accrescere la presenza dei militari di stanza al campo di Port Bouet da 450 a 800 uomini, trasformandola in una base militare permanente. “Abbiamo deciso di riorganizzare il nostro dispositivo militare al livello regionale con l’obiettivo principale di consentire la piena attuazione della lotta al terrorismo” ha sostenuto Le Drian.
In base al nuovo accordo militare firmato nel 2012 tra Abidjan e Parigi, che sarà presto sottoposto al voto dei deputati ivoriani (non sono attese particolari sorprese), la missione militare francese nel paese, testa di ponte di una proiezione africana crescente dell’Unione Europea, rappresenterà un serbatoio di truppe convenzionali in grado di intervenire “in modo rapido” nell’intero continente, ma servirà anche da centro di appoggio logistico per le operazioni militari nella fascia del Sahel e del Sahara. Tuttavia le Ffci potranno ancora intervenire, se fosse necessario, anche in Costa d’Avorio, paese che dovrebbe tornare alle urne per le presidenziali nel 2015.
L’accresciuta presenza militare francese in Africa e la trasformazione delle sue pur lunghe missioni in una vera e propria base militare permanente non sono passate inosservate sicuramente né a Pechino né a Washington, paesi che da tempo competono con la Francia, anche se su piani non sempre coincidenti, per il controllo del continente. Ed anche nello stessa Africa. Ad esempio il quotidiano del Burkina Faso ‘Le Pays’ denuncia il fatto che “prima di proteggere gli africani, la Francia protegge i suoi interessi: i suoi concittadini, le sue industrie, le sue banche e le risorse naturali”.
D’altronde che Parigi miri al controllo del ‘continente nero’ è più che evidente, visto che ormai le forze militari francesi impiegate in Africa hanno raggiunto il numero di 10 mila unità, e che il governo Sarkozy fu il primo a lanciare le operazioni militari contro la Libia nel 2011, allo scopo di tutelare i suoi interessi nel paese – in particolare quelli petroliferi – ma anche con l’obiettivo di disarticolare i progetti di unità politica ed economica africana alla quale stava lavorando con successo il leader libico Gheddafi.
D’altronde la Francia produce quasi il 75% del proprio fabbisogno energetico utilizzando uranio importato dall’Africa e sfruttato nelle proprie centrali nucleari.. La multinazionale nucleare francese Areva estrae in Niger il 20% dell’uranio che usa, e progetti importanti in questo senso sono in corso nella Repubblica Centrafricana e in Gabon. Un altro gigante energetico francese, la Total, controlla un vasto giacimento a Toudeni, nel nord del Mali, oltre ad avere una forte presenza in Libia.
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