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Cina contro Vietnam per arcipelago conteso. Attacchi a fabbriche cinesi e tensione

Proseguono anche oggi le forti manifestazioni anticinesi innescate dai due incidenti in cui, la scorsa settimana, navi della Repubblica popolare hanno colpito con getti d’acqua e in un caso speronato alcune imbarcazioni vietnamite che cercavano di impedire prospezioni petrolifere in un’area contesa attorno all’arcipelago delle Paracel, in quello che i cinesi chiamano Mar cinese meridionale e i vietnamiti Mare orientale. Una tensione che ha al centro le aree di pesca ma soprattutto le risorse petrolifere e di gas naturale nei fondali marini.

Secondo informazioni diffuse dai media di Hanoi, oltre a muovere navi da guerra già nell’area, Pechino ha fatto sorvolare in due riprese da aerei da combattimento i natanti vietnamiti. Una situazione che non solo ha fatto crescere il rischio di uno scontro serio tra due paesi, che nel 1979 hanno combattuto un breve conflitto proprio per la sovranità sul tratto di mare conteso, ma ha scatenato le più consistenti proteste pubbliche della recente storia del Vietnam.

Nel mirino, soprattutto le attività produttive controllate da cinesi nel paese, ma a rischio sono anche le iniziative imprenditoriali taiwanesi, assimilate a quelle della Repubblica popolare cinese. nonostante le rivalità storiche tra le due realtà cinesi e che la stessa Taiwan contenda a Pechino il controllo di parte delle regioni marittime reclamate da quest’ultima, oltre che da Vietnam, Filippine, Malesia e Brunei.

Preoccupazione segnalata anche da imprenditori di altri paesi per la protesta che ha finora coinvolto quattro aree industriali dedicate a iniziative straniere partendo del Vietnam-Singapore Industrial Park 1, nella provincia meridionale di Binh Duong venerdì e estesasi altrove.  Anche nella capitale Hanoi, dove ieri circa 13.000 persone hanno protestato innalzando striscioni con le scritte “Cina fuori dal Mare orientale” e “Lunga vita al Vietnam” e costringendo ala chiusura diverse manifatture.

La presenza massiccia della polizia (che comunque finora non è internuta in modo particolarmente determinato contro le proteste) non sembra intimidire i manifestanti, che sarebbero responsabili anche di atti di vandalismo.

Finora sono state una quindicina le fabbriche di proprietà o di gestione cinese incendiate, ma oggetto di attacchi sono anche gli addetti alla sicurezza degli impianti e alcuni lavoratori cinesi.

A partire da venerdì, la protesta si era estesa da un complesso industriale della provincia meridionale di Binh Duong fino alla capitale Hanoi, coinvolgendo diversi impianti produttivi. Proprio a Binh Duong si trova la maggioranza delle imprese attaccate, in alcuni casi anche date alle fiamme da un numero crescente di lavoratori che i mezzi d’informazione riportano in decine di migliaia.

Diverse aziende taiwanesi, coreane e giapponesi non hanno oggi aperto gli impianti e hanno posto all’ingresso bandiere vietnamite per evitare di essere invase e saccheggiate.

Contrariamente ai giorni scorsi, il ministero della Pubblica sicurezza ha predisposto squadre di pronto intervento di polizia antisommossa per evitare incidenti più gravi o vittime che potrebbero portare a una reazione cinese, finora assente, o danni permanenti a produzioni importanti per il paese e per la sua occupazione.

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