Gas lacrimogeni, proiettili di gomma, idranti, pietre, vari feriti e fermati. Polizia e manifestanti turchi si sono affrontati anche oggi con violenza, dopo che gli agenti hanno cercato di disperdere una protesta a Soma, la località della Turchia dove martedì un’esplosione ha causato la morte di centinaia di minatori rimasti intrappolati nelle gallerie. Come era avvenuto già da mercoledì mattina e poi ieri nel corso dello sciopero generale convocato dai sindacati, anche a Soma la folla, circa 10mila persone, urlava: “Governo, dimissioni” e “Non dormire Soma, non dimenticarti dei minatori”.
Dopo esser stato preso di mira direttamente dalla contestazione dei parenti delle vittime e dai sopravvissuti al disastro, in queste ore il premier turco Erdogan è sempre più nella bufera. Ripreso in un video mentre si avventa contro un contestatore a Soma, assediato da migliaia di contestatori e costretto a rifugiarsi in un supermercato, l’uomo forte di Ankara avrebbe rivolto all’uomo una sfilza di insulti. Poco dopo il malcapitato è stato duramente picchiato dalle sue guardie del corpo e preso a calci, mentre era già a terra immobilizzato, da uno dei consiglieri del premier, che si è giustificato affermando di aver agito per ‘autodifesa’.
Ad aumentare la rabbia dei residenti ieri pomeriggio ci ha pensato anche il presidente Abdullah Gul, arrivato nel luogo della strage in un clima da assedio con la polizia che ha bloccato le strade per diversi chilometri, perquisendo ogni auto in transito.
Intanto sono partite oggi, con le prime deposizioni di sopravvissuti e testimoni, le indagini sul massacro il cui bilancio è fermo a poco meno di 300 morti, anche se secondo le stime nelle gallerie potrebbero esserci ancora altri cadaveri e anche qualche minatore ancora vivo, che a questo punto è ormai impossibile salvare. L’inchiesta sarà condotta, presso la procura della Repubblica di Akhisar da un pool di ben 28 diversi magistrati incaricati dall’Alto consiglio dei giudici e i pubblici ministeri (Hysk), il Csm turco posto recentemente sotto il controllo dell’esecutivo dal partito di governo nel tentativo di frenare le inchieste per corruzione a carico di Erdogan e del suo entourage politico ed economico. Secondo i dati ufficiali forniti dal contestatissimo ministro dell’Energia Taner Yildiz, oltre alle vittime ci sarebbero ancora 18 dispersi, 363 lavoratori estratti vivi dalle macerie e 122 feriti che hanno avuto bisogno del ricovero in ospedale.
Questa mattina, nel corso di un’animata conferenza stampa i vertici della Soma Holding, proprietaria della miniera dove è avvenuta la strage, hanno escluso negligenze nell’applicazione delle norme di sicurezza. Non sarebbe stato un cortocircuito del sistema elettrico a causare l’incendio che ha ucciso i lavoratori, hanno dichiarato i rappresentanti dell’azienda, che però non sono stati in grado di fornire informazioni chiare sulla causa del massacro. Le risposte elusive dei dirigenti ai giornalisti, che hanno più volte chiesto se fossero presenti o meno camere di sicurezza, aree con bombole d’ossigeno e cibo dove i minatori possono rifugiarsi sopravvivendo per giorni in caso di incidenti, hanno fatto salire la tensione alle stelle. “In quel momento non era presente una camera di sicurezza nella miniera – ha ammesso alla fine il direttore del settore minerario Ramazan Dogru che ha spiegato che, tuttavia, che era in corso la costruzione di una struttura di questo tipo: “Se questo incidente fosse avvenuto tra tre o quattro mesi, questo persone si sarebbero salvate per la presenza di una camera di sicurezza” ha aggiunto Gurkan con una buona dose di ipocrisia e di cinismo che non sono sfuggiti ai giornalisti.
Intanto la stampa si sofferma sulle strazianti testimonianze dei sopravvissuti e dei soccorritori, alcuni dei quali hanno raccontato storie di suicidi o di tentativi di suicidio tra i minatori bloccati nelle gallerie. Particolarmente impressionante la versione di Hasan Ozdil, che ha raccontato al quotidiano Hurriyet di avere visto un compagno tentare di strangolarsi con la cintura per sfuggire al monossido di carbonio che aveva invaso le gallerie intrappolando i minatori e soffocandoli. Altri, ha aggiunto, “picchiavano la testa contro le pareti della miniera”. “Le loro maschere antigas non funzionavano”, ha riferito ancora il minatore, “avrebbero dovuto essere controllate ogni sei mesi, ma nessuno lo ha mai fatto”.
I giornali turchi riportano anche la storia di Hasan, minatore di 43 anni, e del figlio 19enne Ferhat che lavoravano nella stessa squadra. Hasan si era allontanato per fare rapporto al telefono, quando la galleria all’improvviso si è riempita di fiamme. Tutti i minatori si sono messi a correre verso l’uscita. Voltando le spalle alla via di salvezza, Hasan si è lanciato in senso opposto verso il fondo della miniera per cercare di salvare Ferhat e i compagni. Le squadre di soccorso hanno ritrovato padre e figlio morti e abbracciati.
Il quotidiano Hurriyet poi racconta la storia dei 14 minatori che, bloccati a più di un chilometro dall’uscita, hanno cercato rifugio nell’unica ‘camera sicura’ della miniera, che conteneva qualche bombola di ossigeno. Hanno respirato a turno qualche sorso di ossigeno, con la disperata speranza di essere raggiunti dai soccorritori prima che fosse troppo tardi. Ma non ce l’hanno fatta e sono tutti morti soffocati.
Ed intanto i media, almeno quelli più indipendenti dal governo, continuano ad accusare che la tragedia di Soma non è stata affatto una tragica fatalità. Il governo attuale, e del resto anche alcuni di quelli precedenti, non hanno mai firmato “l’Accordo numero 176 sulla Sicurezza e Salute nelle Miniere” dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) che prevede maggiori responsabilità per gli esecutivi e i datori di lavoro.
In particolare, la miniera di lignite era stata citata in un rapporto di quattro anni fa stilato dalla Camera degli architetti e degli ingegneri (TMMOB) turca, che aveva denunciato enormi carenze nella sicurezza. Nel rapporto di 152 pagine si spiegava che il carbone del bacino di Soma presenta un alto livello di metano, il che lo rende suscettibile a ogni errore. “Nessuna produzione andrebbe fatta, prima che venga completata la necessaria ricerca. Realizzare la produzione, senza esperienza, potrebbe portare al disastro”, avvertiva il rapporto completamente ignorato da governo e direzione. Nel documento si chiariva che mancavano vie alternative di fuga e di aerazione, il che avrebbe reso il salvataggio dei lavoratori, in caso di disastro, pressoché impossibile. Esattamente quello che è avvenuto.
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