Come era prevedibile, le elezioni di ieri nello Stato Spagnolo per il rinnovo del Parlamento Europeo hanno confermato la frana del bipartitismo sulla quale il sistema politico locale era basato a partire dagli anni immediatamente successivi all’autoriforma del franchismo e al passaggio ad una democrazia parlamentare più che imperfetta.
Alla fine dello spoglio dei voti il Partito Popolare del premier Mariano Rajoy ha perso otto seggi (da 24 a 16) rispetto alle consultazioni del 2009, ma anche i socialisti del Psoe, all’opposizione, sono crollati di nove seggi (da 23 a 14). Unendo i voti dei due maggiori partiti si arriva ad appena il 49%, un crollo del 24% rispetto al 73,4% ottenuto solo cinque anni fa.
Ad approfittarne, ma molto meno rispetto a quanto previsto dai sondaggi della viglia, è Izquierda Plural – ‘Sinistra plurale’ – che passa da 2 a 6 deputati con il 10% netto dei voti (un milione in più). Vero e proprio exploit della nuova formazione denominata Podemos che inaugura la sua presenza elettorale diventando quarta forza con cinque eurodeputati, il 7.94% dei voti.
Buon risultato anche per i liberali di Unión Progreso y Democracia, nati alcuni anni fa dalla confluenza di settori provenienti dal PP e dal Psoe, che ottiene 4 eurodeputati, guadagnando 500 mila voti in più di 5 anni fa e il 6,5%.
Coalizione per l’Europa, piattaforma che riunisce i regionalisti catalani di CiU, quelli baschi del Pnv e quelli delle Canarie di CC, passa da 2 a 3 seggi (5.44%) mentre i repubblicani indipendentisti catalani di ERC da soli raggiungono il 4% e prendono due seggi. Buon risultato per i liberali unionisti di Ciudadanos che con il 3,16% manda a Strasburgo 2 rappresentanti. Anche la coalizione tra la sinistra indipendentista basca di Bildu e i nazionalisti di sinistra galiziani del Bng ottengono un seggio così come la coalizione Primavera Europea, formata dagli ecologisti di Equo e altre formazioni locali. Risultato molto deludente per la scissione di estrema destra del Partito Popolare, Vox, che ha ottenuto solo l’1.5%.
Da sottolineare comunque una bassa partecipazione al voto, pari al 46%.
Nonostante l’enorme smottamento, la destra rivendica la vittoria con il 26.04% dei voti (2,6 milioni in meno rispetto al 2009), mentre il Psoe può vantare di essere comunque la seconda forza del paese con il 23,03% dei consensi (meno 2,5 milioni). Ma i due partiti franano nei loro feudi tradizionali. Il PP a Madrid passa dal 48.6 al 29.9%, il Psoe dal 35.6 al 19%, e Podemos si afferma come terza forza sorpassando anche Izquierda Unida.
La grande sorpresa – in parte comunque prevista – è stata proprio l’affermazione di Podemos, formazione creata a gennaio da una costola del vasto e articolato movimento di contestazione sociale e politica che negli ultimi anni ha riempito le piazza del paese intrecciandosi con le mobilitazioni del movimento dei cosiddetti ‘indignados’, con i coordinamenti contro gli sfratti e le banche, con quelli contro la privatizzazione della sanità ecc. Il suo leader, Pablo Iglesias, ha interpretato il voto di ieri come uno schiaffo ai ‘partiti della casta’ e un messaggio all’Unione Europea: “non vogliamo essere una colonia della troika e della Germania” ha detto Iglesias.
Catalogna
In Catalogna le elezioni per il parlamento europeo si sono trasformate in una specie di referendum per l’indipendenza. I repubblicani indipendentisti (moderati) di Erc hanno triplicato i voti arrivando al 23.7% mentre il partito della borghesia locale, Convergenza e Unione (CiE), si attestano al 21.85%. Anche qui franano i socialisti che dimezzano i voti e ottengono il 14.28%, seguiti a ruota dalla sezione locale di Izquierda Plural, ICV-EUiA, che sorpassa il PP (9.8%) con il 10.3%. Non a caso il furbo presidente dela governo regionale catalano, Artur Mas (CiU) ha interpretato il risultato in Catalogna come un ‘messaggio potente’ alla Spagna e all’Europa di riaffermazione da parte dei catalani del loro desiderio di autodeterminazione. Sommando i voti delle tre formazioni apertamente “sovraniste” si sorpassa il 55% (senza contare la sinistra radicale indipendentista della Cup che alle europee non si è presentata) con un tasso di partecipazione al voto di 5 punti maggiore rispetto alla media statale.
Paesi Baschi
Nei Paesi Baschi gli autonomisti liberali del Pnv diventano seconda forza con solo il 22% dei voti, calando di molto rispetto alle ultime consultazioni politiche ma eguagliando le europee del 2009. Gli indipendentisti di sinistra di Eh Bildu (la ex Batasuna più altre formazioni socialdemocratiche) diventano prima forza del Paese Basco spagnolo col 22.7% e 220 mila voti, affermandosi come prima coalizione nella provincia di Gipuzkoa e anche in Araba e come seconda in Bizkaia e Nafarroa, riuscendo a mandare di nuovo un proprio rappresentante a Strasburgo dopo molti anni di assenza causati dall’illegalizzazione delle sue liste da parte della magistratura spagnola. I socialisti sono crollati al 13.8% e i popolari addirittura al 10.2. Anche in Euskal Herria buona affermazione di Podemos (7.5%) e di Izquierda Unida.
Dal punto di vista della lettura del voto rispetto alle politiche dell’Unione Europea la Spagna è forse uno dei paesi in cui il dibattito non si è diviso tra euroscettici ed euroentusiasti. Non c’erano forze in lizza apertamente contro l’Unione Europea e per l’uscita dall’Euro, anche se temi simili sono patrimonio di alcuni settori interni – ma minoritari – a diverse formazioni, in particolare Izquierda Plural ed Eh Bildu. In particolare Podemos ha caratterizzato il suo discorso come una critica radicale all’austerity e alle imposizioni della troika pur senza prefigurare strategie di fuoriuscita dai meccanismi coercitivi dell’Unione Europea.
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