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Iraq: i jihadisti marciano verso Baghdad. La diretta

Gli aggiornamenti

16.30 – Gli Stati Uniti sono pronti a intervenire militarmente in Iraq, e potrebbero farlo in meno di 24 ore. Il presidente Barack Obama ha detto ieri che non esclude alcuna soluzione, anche se un funzionario dell’amministrazione ha poi scartato l’ipotesi di inviare forze militari a terra.  Pur volendo evitare l’intervento a terra, Obama potrebbe decidere di attaccare con raid aerei le postazioni dell’Isis. La richiesta d’aiuto con attacchi aerei, presentata più volte dalle autorità irachene, è finora stata respinta, ma l’evoluzione degli ultimi giorni fa immaginare che Washington possa cambiare idea nelle prossime ore. 
Le opzioni al vaglio dell’amministrazione comprendono tra quelle a corto termine raid aerei, l’invio di equipaggiamento militare e la condivisione delle informazioni dell’intelligence; tra quelle a lungo termine, un più ampio addestramento delle forze irachene e curde.
I bombardieri statunitensi potrebbero colpire le postazioni degli estremisti sunniti in meno di un giorno, se Obama desse il via libera. Nella regione ci sono basi aeree statunitensi con decine di aerei da guerra pronti al decollo.

15.15 – I miliziani jihadisti hanno conquistato durante la notte due città della provincia di Diyala, Sadiyah e Djalaoula, nell’Iraq orientale. Anche alcuni villaggi sui monti Himrine sono caduti nelle mani degli estremisti sunniti. La commissione dell’Onu per i diritti umani, da Ginevra, ha confermato le esecuzioni sommarie di civili e soldati in Iraq da parte dei jihadisti. Tra gli episodi denunciati l’uccisione di 17 civili che lavoravano per la polizia locale in una strada di Mosul.  Il portavoce dell’Alto commissario Onu per i diritti umani commissariato Rupert Colville ha dichiarato che, stando alle prime informazioni ricevute,  “le persone uccise nei giorni scorsi In Iraq sarebbero centinaia e i feriti un migliaio”.

14.30 – Il dilagare delle forze jihadiste dell’Isis in Iraq spinge al rialzo l’oro e il petrolio sui mercati internazionali. Le quotazioni del greggio sono salite dell’1,1% a 107,68 dollari dopo che ieri avevano segnato una crescita di oltre due punti. Avanza anche il Brent (+0,7% a 113,75) con alcuni analisti che si spingono a ipotizzare una crescita fino a 125 dollari in caso di attacco dei miliziani islamici a Baghdad.

14.00 – Dal Dipartimento di Stato di Washington è arrivata la notizia che i contractors torneranno “temporaneamente” in Iraq a fronte delle preoccupazioni per l’avanzata jihadista. Gli Stati Uniti hanno ordinato l’evacuazione del proprio personale nella base aerea di Balad. «Possiamo confermare – ha detto il portavoce del dipartimento di Stato USA Jen Psaki – che i cittadini statunitensi sotto contratto con il governo iracheno sono temporaneamente trasferiti dalle loro società a causa dei timori per la sicurezza nell’area».

13.00 – L’emittente televisiva «al Jazeera» riporta che i miliziani islamisti controllano un’ampia zona nella parte nord-occidentale dell’Iraq e sono ormai a 80 chilometri da Baaquba e 65 da Baghdad.
Nelle ultime ore l’Iran ha deciso di dispiegare tre battaglioni delle forze speciali dei Pasdaran (al Quds) in territorio iracheno per affiancare i soldati di Baghdad. 

11.00 – Nonostante il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, abbia dichiarato che “tutte le opzioni sono sul tavolo” per fermare l’avanzata dei jihadisti in Iraq, un funzionario dell’amministrazione americana ha fatto sapere che non saranno inviati militari statunitensi sul campo. 

10.15 – Nelle ultime ore Washington ha avanzato la sua disponibilità ad attuare raid aerei, con droni, per bloccare l’offensiva ribelle. La Nato ha invece chiesto la “liberazione immediata” di una cinquantina di cittadini turchi presi in ostaggio ieri al consolato di Mosul. Le agenzie umanitarie dell’Onu stanno incrementando gli aiuti per far fronte alle necessità di altro mezzo milione di sfollati in fuga dai combattenti, che si aggiungono ad altre 500.000 persone costrette a scappare dall’avanzata dell’Isis dello scorso gennaio.
Intanto il presidente iraniano Hassan Rouhani ha avvertito che Teheran “combatterà il terrorismo degli estremisti sunniti nel vicino Iraq”, annunciando un non meglio precisato sostegno al governo dello sciita al Maliki.

10.00 – Le milizie jihadiste si troverebbero secondo le informazioni disponibili al momento a soli 70-80 km dalla capitale Baghdad. Il primo ministro iracheno, Nouri Kamal al-Maliki, ha chiesto esplicitamente alla comunità internazionale e in particolare agli Stati Uniti, di intervenire militarmente per bloccare l’avanzata delle bande dell’Isis. 
Già lo scorso mese il governo di Baghdad aveva chiesto a Washington di lanciare raid aerei contro gli estremisti sunniti ma il presidente Obama si era rifiutato, limitandosi a promettere altri tipi di sostegno che in realtà non sono stati mai resi operativi.
La Casa Bianca, al momento, non si sbilancia. “Le nostre discussioni con il governo dell’Iraq sono concentrate sulla costruzione della loro capacità di fronteggiare gli estremisti” ha detto Bernadette Meehan, portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale, al New York Times. Nonostante Washington abbia usato i droni contro i militanti in Pakistan e Yemen, l’amministrazione continua a ribadire che gli Stati Uniti non hanno intenzione di usare aerei da guerra o droni per colpire i miliziani dell’Isis in Iraq. Secondo l’amministrazione statunitense la colpa della facile presa degli estremisti islamici sulla popolazione delle regioni nord-occidentali dell’Iraq sarebbe proprio delle forze che controllano il governo di Baghdad, espressione in buona parte delle comunità sciite alleate con l’Iran, che avrebbero escluso la popolazione sunnita dal potere creando così risentimento e simpatie nei confronti dell’Isis.

9.30 – Quella in corso in Iraq “è chiaramente una situazione d’emergenza” motivo per cui “non escludo nulla”. Con queste parole il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha commentato l’avanzata delle milizie dell’Isis in Iraq, certo facilitate dalla divisione del paese provocata dall’invasione anglo-americana del 2003 e dal sostegno concesso dal mondo occidentale ai ribelli antigovernativi in Siria, dove in questi anni il gruppo qaedista è cresciuto fino a diventare una rilevante forza militare.
 In un esplicito rimbrotto alla politica estera della Casa Bianca, il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, ieri ha affermato che l’avanzata dei ribelli islamisti in Iraq rappresenta la prova del fallimento “totale” dell’intervento statunitense e britannico nel Paese.  “L’unità dell’Iraq forse è a rischio”, ha aggiunto Lavrov. 

9.15 – “Alcune persone hanno fatto irruzione nella chiesa di Santo Spirito per rubare e devastare. Tuttavia, i vicini, appartenenti a famiglie musulmane, sono scesi in strada a difesa del luogo di culto cristiano. Alla fine sono riusciti a cacciare gli assalitori. In città tante persone rimaste, anche musulmani, stanno cercando di difendere per quanto possibile case e luoghi di culto cristiani”. E’ la testimonianza di mons. Emil Shimoun Nona, arcivescovo caldeo di Mosul, nel nord dell’Iraq, dove circa 500mila persone, cristiani e musulmani, sono fuggite davanti all’avanzata degli islamisti. 

La situazione alle 9.00

Si fa sempre più grave e incontrollabile la situazione in Iraq, con migliaia di combattenti islamisti – in buona parte provenienti da decine di paesi del globo, Stati Uniti ed Europa compresi – che negli ultimi giorni si sono impossessati di una vasta area nel centro-nord del paese occupando Mosul, Tikrit e Banji ed ora marciano a tappe forzate verso la capitale Baghdad che ormai è virtualmente assediata dalle milizie dell’Isis, lo Stato Islamico in Iraq e in Siria. La presenza dell’Isis è già stata segnalata ieri a Diyala, la provincia vicina a quella Baghdad.
L’esercito iracheno, che nei giorni scorsi era scappato a gambe levate dalle zone attaccate dalle forze vicine ad Al Qaeda senza quasi combattere, ora sta cercando di ritardare l’avanzata dell’Isis, e nel pomeriggio di ieri sono iniziati dei bombardamenti su alcune sue posizioni a Tikrit mentre a Kirkuk le forze militari dipendenti dal governo autonomo del nord dell’Iraq  starebbero evitando che gli islamisti prendano il controllo anche di questa zona centrale dal punto di vista energetico. Jabbar Yawar, portavoce militare curdo, ha dichiarato che a Kirkuk “non rimane un solo soltanto iracheno”, assicurando che “sono i Peshmerga ad avere il controllo della situazione”.
Nonostante la gravissima situazione, ieri il Parlamento iracheno non è riuscito a decretare – in assenza del quorum necessario – lo stato di emergenza richiesto a gran voce dal governo di Nuri al Maliki, che sta facendo appello ai cittadini affinché si arruolino volontariamente per difendere le loro città dall’assalto dell’organizzazione vicina ad Al Qaeda e all’esercito affinché tenti di riprendere il controllo della situazione.
Intanto nelle zone che ancora non è riuscita ad occupare l’Isis ha realizzato mercoledì una serie di attentati che sono costati la vita – soprattutto nella capitale – a decine di persone, e proprio ieri il gruppo ha ha annunciato una nuova ondata di attacchi denominata ‘La marcia’. Proprio ieri il ministro del governo autonomo curdo responsabile delle milizie dei Peshmerga è sopravvissuto ad un attentato dinamitardo compiuto nella provincia di Kirkuk e nel quale è morta una sua guardia del corpo. 

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1 Commento


  • alexfaro

    Libia,Iraq,ecc..(Siria,Ucraina)Ma che strano,dove ci mettono lo zampone gli Statunitensi,ed anche dopo che si sono x così dire”ritirati”NULLA è mai più come prima,ma solo genocidio,furti,rapine,torture e stupri e chi più ne ha più ne metta.
    Che sia questa la”famosa”o meglio”famigerata”esportazione di democrazia?
    Brrr…Brr…che NON sono brividi di freddo!
    un saluto
    Alexfaro

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